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Ilclima che si respira tra i lavoratori dell'Atac all'indomani delle dimissioni dei vertici aziendali è questo. Nel deposito di via Prenestina come negli uffici di Garbatella. «La verità è che qui dentro siamo gli unici a lavorare sul serio - affermano diversi conducenti - ora siamo allo sbando, non sappiamo che pensare, che fine farà quest'azienda e noi con lei». Per Luciano «Basile era venuto con buone intenzioni, poi sono iniziate le pressioni politiche e ha capito che non poteva portare a termine il compito». Per i dipendenti Atac i motivi delle dimissioni possono essere solo due: o l'azienda è insanabile o la politica non gli ha dato carta bianca». Intanto l'opposizione si scatena e il Pdl cerca di arginare l'ennesima "crisi". «Le dimissioni dei vertici dell'azienda - commenta il capogruppo Pd, Umberto Marroni - sono solo l'ultimo capitolo di una drammatica vicenda iniziata con la sciagurata gestione sfociata nella parentopoli romana. Il capitale Atac intaccato è sceso da 330 a 188 milioni; 125 milioni di euro di deficit di servizio, 380 milioni di debiti con le banche e 270 milioni di debiti con i fornitori, da tempo chiediamo un'assemblea straordinaria sull'Atac». Di una situazione «preoccupante» parla il capogruppo de La Destra, Dario Rossin che indica in un'urgente ricapitalizzazione l'unica via per salvare Atac dall'agonia. «La situazione di Atac non è così catastrofica - dice l'assessore alla Mobilità Antonello Aurigemma - non corriamo il rischio della bancarorotta. In giunta sono pronte tre delibere propedeutiche al bilancio per il risanamento dell'azienda».

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