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Legittima difesa, frenano i Cinque Stelle. Salvini: "No liberalizzazione delle armi"

La riforma inizia il percorso in Commissione al Senato

Carlo Antini
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La riforma della legittima difesa, che ha iniziato il suo percorso in commissione al Senato, crea fibrillazioni nelle due anime del governo. Se del tema infatti la Lega ha sempre fatto uno dei suoi cavalli di battaglia, il M5S appare molto più prudente. Certo, si tratta di una «priorità» per il governo, ha ricordato il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, ma le polemiche sorte sui giornali, e alimentate dall'opposizione, hanno fatto storcere più di un naso nella maggioranza. «Ho già avuto modo di ricordare che il tema della legittima difesa riguarda la giustizia e non la sicurezza e l'ordine pubblico», ha spiegato rispondendo al Question time alla Camera, sottolineando che «il monopolio statuale della forza è certamente un principio cardine irrinunciabile dello Stato di diritto». E dunque «le presunte relazioni tra l'intento riformatore e gli interessi economici delle aziende produttrici di armi» sono «sterili e infondate illazioni» da lasciare «alla polemica giornalistica». Ancora più cauto il senatore pentastellato Francesco Urraro: «E' necessaria un'analisi approfondita delle norme esistenti, dei testi presentati con attenzione e con saldi riferimenti nella giurisprudenza. Ciò è doveroso per il Movimento 5 Stelle, così da rendere la legge realmente efficace ma nella piena sicurezza dei cittadini». Parole che fanno infuriare Forza Italia - a favore della riforma - con Mara Carfagna che parla di «un insulto al programma votato dalla stragrande maggioranza degli italiani alle ultime elezioni, quello del centrodestra». E lancia una stoccata all'alleato: «La Lega non dovrebbe tollerare questo rallentamento». In serata è, però, lo stesso Matteo Salvini a rinsaldare l'asse gialloverde: «Sono in piena sintonia con il ministro Bonafede», assicura spiegando che non ci sarà «nessuna liberalizzazione delle armi. Il mio ultimo obiettivo - aggiunge - è il modello americano, non mi interessa di vendere le armi in tabaccheria. Il modello che preferisco è quello svizzero». Poi l'attacco: «Il quotidiano Repubblica riesce a inventarsi la qualunque, lo leggo con stupore, è meglio di Dylan Dog». A rassicurare i critici arriva anche il premier Giuseppe Conte, garantendo che «questo governo non vuole incentivare la giustizia privata o l'uso delle armi». Il problema, per Conte, è un altro: «Non tanto sul piano normativo quanto su quello applicativo giurisprudenziale - riflette - si sono create delle incertezze che non giovano ai cittadini che hanno bisogno di sicurezza. Anche perché molto spesso è capitato di persone che hanno vissuto un calvario, tre gradi di giudizio per ottenere un'assoluzione. Sono vite che sono state mortificate. Occorre intervenire sulla regolamentazione senza stravolgere nulla».

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