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Lo stadio della Roma agita il M5S: Di Maio, Conte e Salvini in difesa della Raggi

Silvia Sfregola
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L'inchiesta della magistratura sul nuovo stadio della Roma preoccupa il Movimento 5 Stelle. Nonostante la calma apparente dei suoi uomini di punta, e la strategia mediatica di difesa, gli arresti del costruttore Luca Parnasi e dell'ormai ex presidente di Acea, Luca Lanzalone, possono portare un potenziale danno di immagine al M5S, proprio in un momento di estrema delicatezza: a pochi giorni dalla nascita del governo, nel quale stanno assumendo una posizione predominante la Lega e il suo leader, Matteo Salvini, rispetto a quello che comunque resta l'azionista di riferimento (a livello numerico), Luigi Di Maio. Nelle ultime 48 ore il caso Roma ha preso il sopravvento nei discorsi tra i parlamentari, soppiantando finanche quello sulla scelta dei presidenti delle commissioni permamenti di Camera e Senato, ultimo passaggio politicamente rilevante nel giro di nomine, dopo quelle di ministri, viceministri e sottosegretari. Alcuni deputati pentastellati di rango si spingono, timorosamente, a chiedere ai cronisti con cui hanno più confidenza: "Questa vicenda dello stadio come va a finire per noi?". L'idea che una storia di presunta corruzione possa anche solo lambire le sponde cinquestelle spaventa, e non poco. I sondaggi sono in calo e finora nell'immaginario collettivo rimangono soprattutto le immagini di Salvini che chiude i porti e costringe l'Europa a sollevare il problema della gestione dei flussi migratori. La paura è che gli elettori possano decidere di far proseguire il trend negativo fino a soglie molto basse, di "rischio". Per scongiurare un calo del gradimento (e della credibilità), il capo politico M5S interviene in prima persona, mettendoci la faccia. "Da noi non esiste la presunzione di innocenza per reati gravi come la corruzione", dice a voce alta, assicurando che la sua forza politica "non è stata infettata" dal virus del malaffare. Anzi, chiede e ottiene la testa di Lanzalone, che si dimette poche ore dopo l'autospensione del capogruppo pentastellato in Campidoglio, Paolo Ferrara. A rinforzare la posizione dei Cinquestelle anche le parole del premier, Giuseppe Conte, che proprio alla presentazione dei dati annuali dell'Anac assicura che non esiste il 'caso Roma', perché il fenomeno della corruzione non ha confini ma riguarda tutta l'Italia, dunque le antenne dei regolatori devono essere sempre dritte, lavorando con le autorità competenti e la magistraura, impegnandosi ognuno nel proprio ambito. L'inchiesta della Procura di Roma non è un problema nemmeno per Salvini, che lascia "a chi ne sa più di me" il compito di accertare le responsabilità del caso. L'opposizione, invece, coglie l'occasione per provare a tornare in partita. Oltre alla sindaca della Capitale, Virginia Raggi, il Pd mette nel mirino anche il ministro dei rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro, e il Guardasigilli, Alfonso Bonafede, che avrebbero presentato Lanzalone alla titolare del Campidoglio. Ricostruzione poi confermata dalla stessa prima cittadina di Roma a 'Porta a porta'. I senatori dem chiedono che il ministro della Giustizia riferisca al più presto in aula, mentre il deputato David Ermini, da sempre tra gli uomini più vicini all'ex segretario Matteo Renzi, tira in ballo anche Di Maio, sottolineando che avrebbe responsabilità politiche in questa vicenda. Proprio lo scenario che il leader 5 Stelle e vicepremier sta cercando di evitare. Con tutte le sue forze.

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