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Il Conte è servito

Nel suo discorso al Senato il premier ha toccato i temi prevedibili con prevedibile genericità e decoroso dilettantismo

Marcello Veneziani
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Però. Non ha fatto in tempo a presentarsi al Parlamento e il nuovo premier, al secolo Giuseppe Conte, è già passato alla storia. Il suo discorso ha battuto il record di durata rispetto a tutti i sessantacinque governi precedenti, più di settanta minuti. Il professor Conte entra nella storia, può già inserirlo nel curriculum. Di quel discorso non dirò nulla. Non ha indignato, non ha entusiasmato, non ha stupito. Ha mantenuto una rispettabile scontatezza, una passabile disinvoltura, ha toccato i temi prevedibili con prevedibile genericità e con decoroso dilettantismo. Doveva quadrare il cerchio e rassicurare i grillini, i leghisti ma anche le istituzioni interne ed europee. E lo ha fatto. Ha tentato pure una morbida difesa del populismo, richiamando addirittura Puskin e Dostoevskij, ma con una sfumatura sfuggita ai più: «Se populismo è l'attitudine della classe dirigente ad ascoltare i problemi della gente», siamo populisti; dunque non democrazia diretta, non capi popolo, venuti dal popolo o dalla rete, ma la classe dirigente che ascolta il popolo... Una tesi assai diversa dai grillini e anche da Salvini. L'élite che ascolta il popolo... Non dirò nulla delle reazioni, altrettanto scontate, che ha suscitato nell'opposizione, da Renzi in giù. Dirò invece un'altra cosa. Veniamo da tre mesi inconcludenti e rissosi, dopo mesi di feroce campagna elettorale e di violenti scontri verbali, con capovolgimenti di fronte da teatrino dell'assurdo. Li abbiamo visti dappertutto insultarsi a vicenda, abbiamo visto persino economisti azzannarsi, più la solita compagnia di giro dei talk show urlanti e suadenti. Ne abbiamo, scusate l'espressione, le palle piene. Ora vorremmo una lunga tregua, un silenzio operoso; un cartello di sospensione dello sciocchezzaio nazionale con la scritta: stiamo lavorando per voi. E vorremmo che ci fosse una pacificazione politica o perlomeno una sospensione del conflitto permanente. Vediamoli all'opera. Fingete, fingiamo concordia. Fatelo per carità di patria, senso dello stato e amor di popolo. Fatelo per stanchezza e nausea dopo troppi mesi di litigi permanenti. Ci sono mille motivi di speranza e duemila di preoccupazione. Ma non possiamo permetterci il lusso di giocare allo sfascio, nemmeno con gli sfascisti o presunti tali. Facciamo il tifo per il governo, con tutto il cuore e nel comune interesse, senza pregiudiziali. È tempo della Concordia, e non nel senso di Schettino: ora governate, cazzo, per restare in tema. Infine un consiglio al Presidente: Professor Conte si gratti, quando le nominano la Troika, come ha minacciato ieri un famoso iettatore. Ma non si limiti agli esorcismi scrotali, faccia qualcosa di meglio per evitarlo. Per il resto, come dice il suo cognome, volenti o nolenti, Siamo Tutti Con Te.

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