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Calenda: "Governo con tutti i partiti". E Salvini lo gela: "Mai con il Pd"

Carlantonio Solimene
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Vengo anch'io. No tu no. Potrebbe essere questa la colonna sonora di questi faticosissimi giorni in cerca di una possibile maggioranza di governo. Dopo il "veto" del MoVimento 5 Stelle contro la partecipazione di Forza Italia all'esecutivo, arriva quello di Matteo Salvini contro l'ipotetico ingresso del Partito Democratico nella compagine di governo. A dare l'"assist" a Salvini è stata un'intervista concessa a "La Repubblica" dal ministro uscente dello Sviluppo economico Carlo Calenda, fresco di iscrizione al Partito Democratico. Al di là del titolo del colloquio ("Governo di transizione con Pd, M5S e Lega") criticato dallo stesso Calenda, il senso del ragionamento del ministro è che il Partito Democratico debba scendere dall'Aventino sul quale si è arroccato dopo il voto del 4 marzo e fare a Mattarella una proposta per uscire dallo stallo. Segnatamente, ipotizzare un "governissimo" con tutti i partiti che sia subito pronto ad affrontare le emergenze sul tappeto, a partire dalla posizione italiana sulla crisi siriana. Un'ipotesi che, però, ha subìto immediatamente l'alt della Lega: "Se tutti fossero come noi - ha detto Salvini - il governo sarebbe in piedi già da alcune settimane, invece, quasi da tutte le parti, bisticci, veti, polemiche, esclusioni, preclusioni, cose che noi non facciamo. L'unico no che io dico, per serietà e rispetto degli elettori è qualunque governo con il Partito Democratico. Dal livello locale a quello nazionale vogliamo fare l'esatto contrario di quello che hanno fatto loro. Sarebbe quanto meno incoerente andarci a governare insieme". L'ipotesi suggerita da Calenda, nello specifico, fa inorridire il leader della Lega: "Mamma mia! E per andare a fare cosa? Cambiare la legge Fornero con chi l'ha difesa, per espellere i clandestini con chi li ha fatti entrare? No, grazie. O governo per fare quello che voglio fare, oppure facciano altri". Ce n'è anche per il capo politico dei Cinquestelle Luigi Di Maio, che al Vinitaly di Verona aveva definito un "danno per il Paese" il centrodestra unito. "Di Maio - ha attaccato Salvini - dovrebbe dimostrare più rispetto per le scelte espresse dai cittadini il 4 marzo". Le trattative, insomma, non fanno registrare passi in avanti. E così tutti tornano a guardare con attenzione alla scelta che Mattarella potrebbe prendere tra domani e dopodomani, quando dovrebbe affidare un incarico "esplorativo" per accelerare la risoluzione della crisi. Sono diverse le possibilità in mano al capo dello Stato. Tra i nomi sull'agenda del Quirinale ci sono quelli dei due vincitori delle elezioni, Salvini e Di Maio, entrambi però poco propensi a "bruciarsi" con un tentativo ad alto rischio di fallimento. Potrebbe quindi toccare a qualche figura istituzionale come la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati o a quello della Camera Roberto Fico. Oppure a una figura "terza" scelta in Parlamento (il leghista Giancarlo Giorgetti) o fuori (il giurista ed ex ministro Giovanni Maria Flick). Di certo c'è solo che Mattarella non sarebbe più disposto ad aspettare l'esito delle Regionali in Friuli e Molise per sbrogliare la matassa. La situazione internazionale ha imposto un'accelerazione.

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