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Il Pd triste e ininfluente pensa a Delrio per ripartire

Matteo Renzi nei banchi del Senato (LaPresse)

Carlantonio Solimene
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La compattezza dei gruppi è l'unica consolazione. Al termine di una partita, quella per le presidenze delle Camere, in cui il Pd non ha potuto far altro che interpretare il ruolo dello spettatore non pagante, i vertici del Nazareno si raccontano che in fondo è andata bene anche così, perché senatori e deputati hanno votato compattamente per i propri candidati di bandiera, Valeria Fedeli e Roberto Giachetti. Ma è un bicchiere mezzo pieno. Anzi, quasi completamente vuoto. Perché a determinare l'isolamento del Partito Democratico è stata soprattutto la sua inaffidabilità. O, almeno, l'inaffidabilità percepita dagli altri competitor, convinti che qualsiasi accordo con il Nazareno sarebbe stato sabotato dai renziani o dagli antirenziani. E così il Pd non può far altro che restare fermo, pena il rischio di spaccarsi. Sarà così anche nelle consultazioni, visto che l'assemblea che dovrà avviare il percorso per l'individuazione del nuovo segretario sarà convocata solo dopo la formazione del nuovo governo. Anche in quel caso, quindi, i Democratici faranno da spettatori. Triste destino per il partito che, in definitiva, esprime ancora il presidente della Repubblica in carica e il presidente del Consiglio uscente. Poi ci sarà il bivio della segreteria. Un passaggio strettissimo che non prevederà, stavolta, il ricorso alle primarie. Il segretario sarà eletto dall'assemblea, e l'identikit sarà necessariamente un compromesso. Non potrà essere un renziano, altrimenti sarebbe stato meglio tenersi Renzi. Ma neanche un antirenziano di ferro, altrimenti Matteo si formerebbe il suo partito e se ne andrebbe. L'unico a incarnare un profilo che vada bene a tutti sarebbe Graziano Delrio. Si vedrà se sarà lui a gestire il difficilissimo tragitto nei banchi dell'opposizione.

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