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Senato, Napolitano fa il protagonista e si scaglia contro "l'autoesaltazione del Pd"

Giorgio Napolitano

Dario Martini
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Giorgio Napolitano coglie l'occasione per far parlare di sé. L'ex presidente della Repubblica, infatti, questa mattina ha guidato la prima seduta di Palazzo Madama, in quanto senatore più anziano in carica. Un ruolo di routine, per consentire i lavori dell'aula, niente di politico. Eppure il senatore a vita ha voluto imprimere il suo indirizzo a questa giornata, come amava tanto fare in passato. Il suo bersaglio è stato il Pd e, neppur troppo velatamente, Matteo Renzi, anche lui presente in Aula per il suo primo giorno da senatore. Una delle parole che ricorrono nel Transatlantico del Senato dopo il discorso del presidente emerito è: "che batosta". Quelli con lo sguardo più smarrito sono ovviamente i più navigati e i più abituati al comando. Commentano tra di loro o al telefono il discorso che questa mattina ha, di fatto, dato una scudisciata alla politica, ai "partiti vecchi e tradizionali" che non hanno avuto la capacità di ascoltare il disagio dell'Italia persi come erano a "un'autoesaltazione". Il convitato di pietra del discorso di Napolitano era il risultato del voto che ha inflitto "una drastica sconfitta" al partito che aveva guidato tre esecutivi. Il Partito democratico è ovviamente il destinatario delle parole di Napolitano che considera il 4 marzo "un vero e proprio spartiacque" a inequivocabile "vantaggio dei movimenti e delle coalizioni che hanno compiuto un balzo in avanti clamoroso nel consenso degli elettori e che quindi di fatto sono oggi candidati a governare il paese". "Gli elettori - sottolinea Napolitano - hanno premiato straordinariamente le formazioni politiche che hanno espresso posizioni di vera e propria rottura rispetto al passato", e il risultato dimostra "quanto poco avesse convinto l'autoesaltazione dei risultati ottenuti negli ultimi anni da governi e partiti di maggioranza". "Lo squilibrio sociale - sostiene ancora il presidente emerito - è stato in grado di generare la dilagante ribellione nelle regioni meridionali" espressa nel voto. "Sono stati condannati in blocco i circoli dirigenti e i gruppi da tempo stancamente governanti in quelle regioni". Secondo l'ex capo dello Stato "le difficoltà nascono dal dato obbiettivo che nessuna delle forze premiate dagli elettori ha conquistato la maggioranza assoluta dei seggi nelle due Camere". "Occorre - conclude- comunque corrispondere alle scelte del corpo elettorale e delineare la strada per il prossimo futuro del Paese".

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