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Camere, non c'è intesa: al Senato Fi insiste su Romani ma la Lega vota Bernini

Paolo Romani e Anna Maria Bernini

Davide Di Santo
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Una giornata di ordinaria follia in Parlamento. La XVIII legislatura, già iniziata con un voto il 4 marzo che ha consegnato il Paese all'ingovernabilità, oggi è sprofondata nel caos oltre ogni previsione. Montecitorio e Palazzo Madama aprono le loro porte ai neoeletti e l'accordo sui successori di Laura Boldrini e Pietro Grasso non c'è. M5S, Lega, Forza Italia e Partito democratico a prima mattina fanno sapere che si affideranno alla "scheda bianca". Il quorum è alto sia in Senato che alla Camera, e tutto ruota intorno al niet di Luigi Di Maio, che al tavolo con Silvio Berlusconi proprio non vuole sedersi. E in serata, quando a palazzo Madama siamo alla seconda votazione, a sparigliare le carte ci pensa Matteo Salvini che indica al gruppo della Lega di votare Anna Maria Bernini, senatrice di Forza Italia, invece di Paolo Romani indicato, fino a qualche minuto prima, dalla coalizione. "Abbiamo votato Bernini per un atto di amore verso il paese, verso il Parlamento e verso il centrodestra" dice il leader della Lega. Peccato che il cambio di cavallo non è concordato, e Berlusconi salta su tutte le furie. La coalizione è a rischio rottura, l'accordo con i 5Stelle in alto mare. Ora il Parlamento è davvero nel caos. La fumata è nera già prima che i due presidenti, Giorgio Napolitano e Roberto Giachetti, diano avvio alle sedute di entrambe le aule. Attesissimo il discorso del presidente emerito della Repubblica, che in questi giorni convulsi ha anche la responsabilità di ricoprire la carica di presidente del Senato a tempo. Dopo mesi di silenzio l'ex capo dello Stato si toglie non pochi sassolini dalle scarpe fotografando in modo lucido e puntuale la situazione politica consegnata dalle urne del 4 marzo. La strigliata al Pd non se la risparmia, anzi: "I comportamenti elettorali hanno mostrato quanto poco avesse convinto l'auto-esaltazione dei risultati ottenuti negli ultimi anni da governi e da partiti di maggioranza" con un "inequivocabile vantaggio dei movimenti e delle coalizioni". Camera e Senato non vanno di pari passo, complice la procedura a palazzo Madama che rallenta i lavori. Dopo due ore circa dal taglio del nastro della nuova legislatura, la giunta per le elezioni proclama i 23 senatori subentranti e Napolitano dà avvio alla votazione per chiama e a scrutinio segreto. La Camera sancisce il primo nulla di fatto, il Senato anche. Sono le bianche a vincere: A Montecitorio sono 592 , a palazzo Madama sono 161. Parte il secondo scrutinio, quasi in contemporanea dopo la pausa pranzo. I deputati seguono il copione annunciato e non sbagliano neanche una battuta, ma è il Senato a offrire il colpo di scena. In aula c'è movimento, assembramenti distaccati tra senatori di Lega, da una parte, e Forza Italia dall'altra. Salvini in aula parla al telefono, mentre gli azzurri cominciano a guardare con sospetto i leghisti che per votare ci mettono troppo: appare evidente che quel foglietto giallo nell'urna non è bianco, ma è stato violato. La Lega vota Bernini e lo dichiara, scatenando Fi che considera questo atto "una prova ostile" contro la coalizione. Tutto da rifare quindi, la mossa di Salvini fa saltare il banco anche alla Camera. Il Movimento 5 Stelle sembra quasi tramortito, e prende tempo: "Vediamo prima se è la proposta del centrodestra. Per ora è solo quella di Salvini" commenta Paola Taverna. Domani aule convocate alle 10.30, sarà la quarta votazione alla Camera e la terza in Senato.

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