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Manovra, niente tagli ai vitalizi: smascherato l'ultimo bluff del Pd

Pierluigi Bersani

Alberto Di Majo
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Ora si può dire. Il taglio dei vitalizi proposto dal Pd era soltanto un bluff. Due giorni fa, infatti, la maggioranza ha deciso di cancellare l'emendamento alla manovra economica che prevedeva il ricalcolo degli assegni e, dunque, una riduzione del 45 per cento. Eppure il renziano Richetti aveva presentato un testo che era stato approvato alla Camera. Ma non ha superato la prova di Palazzo Madama, dove i Democratici si sono spaccati. È fallito anche l'ultimo tentativo, quello di inserire la norma nella manovra. Ufficialmente la motivazione che ha portato a ritirare il provvedimento è stata la previsione dell'incostituzionalità del testo (tanti parlamentari hanno sostenuto che non sia possibile rivedere i "diritti acquisiti"). Dal canto suo il Pd prova a scaricare la responsabilità e sprona il presidente del Senato Grasso ad approvare una modifica al regolamento che prescriva proprio la riduzione dei vitalizi. Una mossa dettata dal tentativo di mettere in fuorigioco il nuovo leader di "Liberi e Uguali", la formazione di sinistra che raccoglie anche tanti esponenti che hanno abbandonato il Pd in polemica con Matteo Renzi. A questo punto è lecito chiedersi perché il regolamento non sia stato cambiato prima visto che sarebbe stato molto più semplice arrivare al traguardo. Il sospetto è che nell'interminabile gioco dello scaricabarile, alla fine gli assegni non si toccheranno proprio. Sono 2.600 gli ex parlamentari che ne hanno diritto. Ci costano quasi 200 milioni all'anno. A cui vanno aggiunti altri 3.500 ex consiglieri regionali. Peraltro, visto che la legge consente pure di cumularli, ci sono politici che ne hanno due o, addirittura, tre. Resteranno. Tanto se bisogna risparmiare alzeranno l'età della pensione per tutti gli altri italiani.

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