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Shock in Trentino, il nuovo comune ha un nome straniero

Carlantonio Solimene
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Non bastavano la secessione della Catalogna, il referendum autonomista di Lombardia e Veneto e il progetto di annettesi all'Austria della popolazione bolzanese di lingua tedesca. Ora arriva anche la secessione "linguistica" dei nomi delle località. Il caso, che agita il Trentino Alto Adige, ora è arrivato in Senato con un'interrogazione al governo. Si tratta della fusione dei comuni di Pozza di Fassa e Vigo di Fassa, in provincia di Trento. Dal "matrimonio" nascerà un nuovo ente che però non porterà un nome italiano, bensì ladino. Tutto nasce dal disegno di legge di iniziativa della Giunta regionale che punta a battezzare il comune nascente con il nome di Sen Jan, ossia San Giovanni, ma scritto, appunto, in lingua ladina. La denominazione completa sarebbe «Sen Jan di Fassa», lasciando solo il nome della valle nell'idioma di Dante. Il caso era stato sollevato in Consiglio regionale dal consigliere del centrodestra di Bolzano Alessandro Urzì che, pur dichiarando l'apprezzamento per l'individuazione di una denominazione del nuovo comune anche nella lingua ladina, ha però lamentato la costituzione di un precedente di ordine nazionale. Il rischio, lamenta Urzì, è che potrebbe rappresentare un esempio di grave portata se applicato sulla base delle competenze regionali anche in Alto Adige dove forte è la tendenza alla rimozione della lingua italiana dalla toponomastica. E nel giro di pochi giorni la questione è finita nell'aula di palazzo Madama e rilanciata dai senatori del movimento "Idea" di Gaetano Quagliariello. L'intero gruppo parlamentare Federazione della libertà-Idea-Pli ha firmato l'interrogazione indirizzata al presidente del Consiglio. A Paolo Gentiloni i senatori chiedono di sapere come si valuti «il primo caso italiano di Comune di nuova costituzione (mediante fusione) a cui non sia assegnato un nome in lingua italiana (San Giovanni), ma solo nella lingua della minoranza linguistica (Sen Jan), pur in presenza della denominazione italiana storicamente fondata e comunemente utilizzata, sia in sede amministrativa che di pubblicistica». E si chiede, inoltre, «come si intenda intervenire per riaffermare il rispetto e la salvaguardia delle denominazioni anche in lingua italiana, oltre che in quelle delle minoranze linguistiche, per i Comuni anche di nuova costituzione del territorio regionale del Trentino-Alto Adige». I due quesiti sono preceduti da una fitta serie di considerazioni storiche, giuridiche e costituzionali. Si nota che l'aggiunta «di Fassa» non italianizza il nome nella sua radice. Mentre, se è vero che la decisione è stata preceduta da un referendum consultivo, è anche vero che gli organismi istituzionali non sembrano intenzionati ad adottare il nome bilingue San Giovanni di Fassa - Sen Jan. Ma così, lamentano i senatori, si apre «una ferita» e si costituisce «il precedente di un Comune italiano senza denominazione in lingua italiana», tanto più grave in quanto «l'istituzione di un nuovo Comune è un fatto non meramente amministrativo, ma ha un valore politico, morale e culturale di enorme significato». Insomma, per gli interroganti al Senato, alla luce della Costituzione ma anche dello Statuto del Trentino Alto Adige, «la lingua italiana nell'intera regione è la lingua ufficiale dello Stato e fa testo» e «i diritti delle minoranze linguistiche si esercitano affiancando la lingua della minoranza e non sostituendo la lingua dello Stato». Resta da vedere come la Giunta regionale risolverà la questione o se dovrà essere Gentiloni in persona a spiegare a palazzo Madama cosa ne pensa il governo.

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