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Renzi fuori controllo: niente manovra pur di votare subito

L'ex premier Matteo Renzi con il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan

Carlantonio Solimene
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Andare allo scontro totale con l'Unione europea pur di votare a giugno. E' la strategia di Matteo Renzi, che avrebbe deciso di forzare il più possibile i regolamenti della Ue pur di non dover aspettare la scadenza naturale della legislatura e prendersi il prima possibile la sua rivincita dopo il referendum. Al momento gli ostacoli maggiori verso le urne sono tre. Il primo riguarda l'armonizzazione delle due leggi elettorali in vigore per Camera e Senato. Ma è l'”impedimento” più facilmente risolvibile. Il segretario del Pd, infatti, vuole proporre al Parlamento il ritorno al Mattarellum ben sapendo che non troverà i voti necessari per approvarlo e potendo così forzare la mano con Mattarella di fronte “all'impossibilità di varare una legge elettorale tutti insieme”. Le altre due questioni, invece, riguardano strettamente l'Europa. La prima sta nell'articolo 3 del Protocollo addizionale alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, dal quale deriva il divieto totale e tassativo di introduzione di modifiche normative in ambito elettorale nell'anno che precede la competizione. Tradotto: non si può votare prima che sia passato un anno dalla modifica della legge elettorale. Di fatto, il Paese potrebbe pure andare alle urne, ma poi il risultato delle elezioni sarebbe soggetto a ricorsi di qualsiasi tipo. Il terzo - e più importante - aspetto riguarda invece la manovra aggiuntiva chiesta dall'Europa all'Italia per aggiustare i conti. Questa manovra dovrebbe pesare per circa 3 miliardi e mezzo di euro ed essere approvata entro maggio. In pratica, il governo dimissionario a guida Pd dovrebbe licenziare un provvedimento “lacrime e sangue” alla vigilia o in piena campagna elettorale. Una circostanza che sconsiglierebbe di ricorrere alle elezioni anticipate ma che Matteo Renzi, stando a un retroscena di Repubblica, vorrebbe aggirare rifiutandosi di fare la manovra correttiva, magari adducendo le spese supplementari che l'Italia ha dovuto fronteggiare per i terremoti che hanno colpito ripetutamente il centro del Paese da agosto in poi. Questo permetterebbe al Pd di condurre una campagna elettorale basata sulla campagna anti-Ue nonché di promettere tanti miliardi di spesa pubblica in più proprio brandendo l'infrazione dei parametri comunitari. Uno scenario azzardato, certo, ma non impossibile. Anche se tutti i leader italiani che hanno provato a mettersi contro l'Europa hanno poi pagato un prezzo molto alto. Le prime avvisaglie si sono già avvertite ieri, quando alla sola possibilità che si ricorresse al voto anticipato lo spread tra i decennali italiani e tedeschi è volato a 180 punti base, ai massimi dallo scorso novembre, quando le turbolenze erano dovute all'ormai probabile vittoria del no al referendum. Per l'Italia, insomma, si avvicina un nuovo periodo di grande tensione sui mercati. Ma i partiti sembrano disinteressarsene tutti presi dalla voglia di correre alle urne.

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