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La black list degli jihadisti-web italiani

Monitorati 76 siti e account twitter usati per proselitismo e finanziamento. L'uso di chat e "social" anche per veicolare video, sermoni, appelli in codice. LEGGI ANCHE: Gentiloni: giusto chiudere i siti dei terroristi

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Il web e i social media (anche attraverso file-sharing) sono la forza degli jihadisti. Nel mondo sono migliaia i siti che propagandano il messaggio dei terroristi e che servono per divulgare foto, video e comunicati del Califfato, di Al Qaeda (ieri girava un vecchio video con la foto di Bin Laden che invitava ad attaccare la Francia) e di tutti i gruppi legati all'integralismo islamico. In Italia sono oltre 76 gli indirizzi più pericolosi e più cliccati, secondo un monitoraggi incrociati dalla polizia postale, intelligence e Antiterrorismo, a cui collegarsi per accedere ai forum, ai siti di informazione che ospitano predicatori estremisti e imam itineranti, che trattano di finanziamenti, chat su cui comunicare in codice. Una galassia web sterminata e solo in parte nota al sito americano «Site» che supervisiona i siti islamici più radicali. Per non parlare del blog dello Stato islamico (Isis) in cui si trovano foto, commenti e articoli sulle attività degli jihadisti, il punto sulla guerra e la conquista dei territori, oltre alla solita propaganda. Nonostante il sito nella homepage specifichi di non «rispecchiare necessariamente il pensiero dello Stato islamico» e di non essere «il portavoce ufficiale», è lampante la sua appartenenza al Califfato, non fosse altro che per la bandiera nera dell'Isis piantata nel banner iniziale. E così tutti gli altri siti. Ansar-alhaqq.net, ad esempio, è un forum di discussione anche tra jihadisti in cui si possono trovare i comunicati ufficiali dei mujaheddin, di Al Qaeda, dell'Isis e di tutta la galassia legata al terrorismo di matrice islamica. Altri, monitorati già un anno fa (Shumoukh al-Islam e Jabhat al Nosra) servivano ai combattenti in partenza per la Siria. All'interno di forum come questi, poi, si può accedere ad altri siti con chiavi pubbliche e criptate, all'interno dei quali avvengono l'arruolamento e l'indottrinamento. Spesso, per provare a sfuggire ai controlli, si utilizzano nuovi account di twitter, chat a luci rosse all'interno delle quali scambiarsi informazioni, contatti logistici, progettare partenze per i teatri di guerra. Tra i suoi numerosi siti Isis ce n'è uno con dominio italiano, di proprietà di un polacco che vive in Germania. Si tratta di un sito, già sotto la lente d'ingrandimento dell'intelligence, che rientra in una rosa di portali gestiti dallo Stato islamico e registrati in altri paesi occidentali, tra cui Estonia, Lettonia o Slovenia, ed anche Stati Uniti. Su questo portale, in prevalenza, vengono pubblicati i video dei martiri della jihad, ossia dei combattenti caduti in guerra. Una sorta di 'coccodrilli', divulgati dopo la morte per osannare il martire. La Rete, però, consente allo Stato islamico anche di sviluppare il merchandising costruito intorno alla nascita del Califfato. Un affare calcolato in circa 200 milioni di dollari. Il passaporto dello Stato islamico, ad esempio, costa 12mila dollari, per un introito complessivo di circa 180 milioni. Le magliette del Califfato si vendono a 8 dollari, per comprare la bandiera ne occorrono 7 e il libro dell'Isis costa 21 dollari. A fine 2012 i siti blog.libero.it/islamnuri e blog.libero.it/islamitalia sono stati cancellati dalla piattaforma Libero. Da quando i canali satellitari e la Rete agiscono come moltiplicatori di opinioni e in assenza di un filtro degno di tale nome, infatti, nell'arena mediatica si sono affacciati in numero crescente predicatori islamici (spesso di ispirazione wahabita) che propongono i loro sermoni e lanciano una fatwa. Parlando ancora di siti web di matrice islamico-integralista gestiti in Italia, in concomitanza con l'arresto dell'imam radicale Bilal Hussein Bosnic, conosciuto dai suoi come Cheb Bilal da parte della polizia di Sarajevo, a Bergamo chiudeva il sito internet ìIslamsko Dzemat Bergamo” (Studio Islam) e la corrispettiva pagina Facebook, che aveva pubblicato diversi video che ritraevano lo stesso predicatore bosniaco in piedi con la bandiera Isis alle spalle. Con la morte dell'imbianchino bosniaco Ismar Mesinovic, inoltre, partito dall'Italia per la Siria fra il novembre e il dicembre 2013, sul profilo Facebook ‘Scienza del Corano', i suoi confratelli hanno pubblicato un messaggio di saluto e lode per il fratello morto in Siria "perché il suo sogno era quello di riportare giustizia in quella terra". E non è un caso che il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, ha fatto riferimento a nuove misure per contrastare "il terrorista home made, che si autoradicalizza e si autoaddestra anche ricorrendo al web, si procura le armi e le istruzioni per il loro uso, progetta attacchi da solo, e comunque senza apparenti appartenenze a reti strutturate". Prevista una stretta sui siti web filo-jihadisti, con la creazione di una vera black-list, con la possibilità di oscurarli. Intanto che i provvedimenti del governo arrivino ad essere operativi ed efficaci, Anonymous si è offerto di dare una mano per combattere i siti jihadisti.

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