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Storace: «La polemica istituzionale è sbagliata. Serve una commissione d'inchiesta»

PDL - incontro tra Francesco Storace e Gianni Alemanno

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«Niente di peggio che fare a scaricabarile», parola di Francesco Storace, ex ministro della Sanità ed ex presidente della Regione Lazio che, davanti alla querelle tra la responsabile del dicastero della Salute e i presidi sanitari regionali, invita alla concertazione e alla collaborazione. Ma una cosa appare evidente, sottolinea il leader de «la Destra», sulla vicenda dei vaccini serve una commissione d'inchiesta che accerti, discussioni a parte e al di sopra di ogni dubbio, come sono realmente andate le cose. Onorevole Francesco Storace, che pensa della polemica tra ministero e Regioni sui vaccini? «Io sono un abituale vaccinato, lo faccio tutti gli anni e quest'anno ho fatto proprio quello in questione. Ovviamente mi sono preoccupato, sono passati quindici giorni, diciamo che controindicazioni non dovrei averne. Io non sono per dare la croce addosso al ministro Lorenzin, perché è chiaro che ci sono delle commissioni, non è il ministro che si mette a fare la ricerca sul farmaco, per sapere qual è quello giusto». Che pensa delle accuse di ritardi nelle comunicazioni, con polemiche tra potere centrale e locale? «Sarebbe meglio se tra ministero e Regioni evitassero lo scaricabarile, visto che parliamo della salute delle persone». Scaricabarile è esattamente il termine usato dal presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino. «Ma questo vale per tutti e due, tanto per il ministero quanto per le Regioni. Il tentativo di addossare tutto ad una istituzione, anziché su di un'altra è puerile. Ritengo che ci sarà una risultanza scientifica da parte di commissioni etiche e farmacologiche, che devono aver fatto il loro lavoro. E, soprattutto, spero che verrà fatta un'inchiesta su tutto questo. Deve essere fatta un'inchiesta. Comunque dare ragione all'uno o all'altro è molto complicato». Come è possibile accertare la realtà delle cose? «Io so solo che ci sono gli esperti che sono pagati per verificare quanto accaduto, e mi auguro che la Lorenzin voglia fare tutto affinché non ci siano zone d'ombra. La polemica istituzionale, comunque, è sbagliatissima». Ma è giusto che un ministro si lamenti dell'operato delle Regioni, in questo caso? «Questo è un giudizio che si può dare se c'è stato un rapporto di leale collaborazione tra ministro e Regioni. Se hanno lavorato insieme allora è evidente che è anche possibile lamentarsi, sono elementi di conoscenza che bisogna avere, per giudicare». Rossi, il presidente della Regione Toscana, fa riferimento a comunicazioni con e-mail certificata, è il mezzo giusto? «Se è stata mandata e non gli è stata data la giusta considerazione, è un conto. La pec è un mezzo di comunicazione di ordinaria amministrazione. Se il presidente della Regione Toscana ha informato il ministro e non è successo niente è grave... ma questi sono elementi di conoscenza che noi affidiamo alle notizie che abbiamo appreso dalle agenzie, non possiamo commentarle così, è necessario un accertamento preciso dei fatti». In questi casi c'è sempre chi chiede le dimissioni del ministro. «Prima di chiedere le dimissioni di qualcuno bisogna vedere le carte perché stiamo parlando della salute delle persone. Di certo non sono un estimatore del partito della Lorenzin, come è noto, però, quando si parla di cose così delicate, bisogna essere prudenti». Parliamo di ebola, secondo lei i malati è meglio portarli in Italia o curarli lì dove sono stati contagiati? «Io sono assolutamente d'accordo con la seconda ipotesi, cioè di curarli lì dove si sono ammalati. Per una malattia della quale conosciamo davvero poco, se vogliamo fare la parte dei benefattori dell'umanità, spendiamo i soldi per curarli lì. Investire sulle associazioni scientifiche internazionali e dare loro la possibilità di curarli lì dove sono sarebbe meglio».

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