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Il trucco delle frutterie per diventare minimarket

Il giro d'affari misterioso dei verdurai stranieri Nessuna restrizione. E vendono pure alcol e latte

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Le frutterie romane non esistono praticamente più. Il settore, soprattutto negli ultimi cinque anni, ha assistito a una lenta ma costante avanzata di piccoli imprenditori stranieri, in particolare provenienti dal Bangladesh, che hanno trovato nelle frutterie una facile via d'accesso per guadagnarsi un posto nel settore commercio al dettaglio e soppiantare i «vecchi» rivenditori romani. Basta l'investimento iniziale per aprire o subentrare in un negozio, poi i costi di gestione di queste frutterie straniere sono ridotti al minimo, si bada poco o nulla all'estetica, si sta aperti anche 16-18 ore al giorno, si sceglie quasi sempre merce di seconda mano per rientrare dalle spese e si azzerano i costi del personale, al punto che chi vende la frutta molto spesso nel negozio ci vive e ci dorme anche. A Roma i primi rivenditori stranieri di frutta avevano il loro banco nei mercati rionali. Parliamo di almeno dieci anni fa, quando si riusciva ad acquistare ancora nei negozi dei simpatici «fruttaroli» romani. Ma il mercato ha le sue regole e i suoi orari, ed è molto più in vista rispetto ad un negozio. Man mano si è scelto l'altro business, quello del locale al dettaglio appunto, e nel giro di quattro, cinque anni, le frutterie gestite da italiani sono scomparse. La liberalizzazione degli orari, delle licenze, il venir meno dei limiti massimi di concentrazione degli esercizi su una stessa strada, ha fatto il resto. Oggi, secondo i dati in possesso dell'Upvad (l'associazione dei venditori al dettaglio) - Confcommercio Roma, risultano attive nella provincia di Roma 4.433 attività imprenditoriali straniere del Bangladesh nel settore dettaglio/ingrosso, 1.414 dall'Egitto e 2.010 dal Marocco, per un totale di 7.857 imprese, almeno il 70 per cento delle quali del comparto ortofrutticolo e generi alimentari vari. Un mercato non sempre troppo trasparente dove i negozi cambiano anche tre, quattro volte l'anno titolare e nome della società, che si alimenta grazie agli insufficienti controlli amministrativi, che conta su personale che non esigono troppo quanto a stipendio o a condizioni lavorative dignitose: i locali sono sempre senza porte, esposti a freddo, pioggia, sole in estate e non di rado fanno da sede di lavoro di giorno e da camera da letto di notte. Chi li rifornisce, poi, sa bene quale tipo di merce consegnare. Al Centro Agroalimentare di Roma entrano sempre gli stessi camion guidati da stranieri che arrivano quando ormai è quasi ora di pranzo, comprano la frutta e la verdura rimasta e la consegnano ai singoli rivenditori sparsi sul territorio. Quella merce finisce per essere acquistata dai consumatori a prezzi molto al di sotto della media, dalle arance a 1 euro alle banane a 89 centesimi fino a un carciofo a 50 centesimi, vale a dire la metà di quanto costa, di media, nei mercati. Scontrini? Una rarità. In alcuni quartieri la concentrazione di queste frutterie è arrivata ai livelli massimi. I negozi sono tutti uguali, la maggior parte non ha insegne, non ha alcuna etichetta con la provenienza e il tipo di merce venduta, occupa interi marciapiedi o porzioni di strada senza vantare alcun titolo per poterlo fare, non rispetta le elementari norme igieniche, a cominciare dal fatto che le cassette sono riposte in terra. Non di rado, soprattutto di sera quando gli altri negozi abbassano le saracinesche, le frutterie straniere diventano rivenditori di bottiglie di birra o superalcolici. L'ultima strategia di marketing è quella di ingrandirsi. Sfruttando la crisi degli altri negozi che chiudono o sono costretti a cedere l'attività, chi c'è dietro questo business compra o affitta locali vicini e aumenta la superficie di vendita per darsi ad altri generi alimentari e non. In genere aprono «piccoli» e dopo qualche mese raddoppiano e da «semplici» frutterie si trasformano in veri e propri mini market, dove si vendono anche biscotti, pasta, generi per la casa. Nulla di illegale, ma è sotto gli occhi di tutti che mentre per «loro» sembra tanto facile, per gli altri commercianti è diventato davvero difficile, se non addrittura impossibile.

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