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Caro Renzi, torni in pista Ma stavolta senza esagerare

Matteo Renzi lascia la sala dove ha tenuto la sua conferenza stampa con la moglie Agnese

Marcello Veneziani
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Caro Renzi, sarei bugiardo se non dicessi che sento molto la sua mancanza. È un lutto quasi insopportabile. Lei era onnipresente, onniparlante, onnipotente; poi sparire così di colpo genera anche nei più refrattari gravi crisi di astinenza. Non so come fanno i connazionali che parlavano di lei come se fosse eterno e ubiquo e ora con la stessa naturalezza non si ricordano nemmeno come si chiamava. Siamo un paese ad alta smemoratezza, incline all'arteriosclerosi nazionale. Eppure a me manca il suo one-man-show, la sua voce, le sue solite parabole e le sue battutine, la sua narrazione e le sue camicine rimboccate in segno di operosa fattività. E le sue interviste sempre camminando per simulare dinamismo. Mi manca il suo egocentrismo cosmico, tutti intorno a lei, Re Sole. Al suo posto c'è ora la sua Ombra col suo governo ombra e le sue ombrine da passeggio, la Boschi, la Madia, il Lotti e tutti gli altri in gita orfanelli.   Un mese fa tutti videro il governo Gentiloni come un semplice qui pro quo destinato solo a scaldare la poltrona in attesa della sua resurrezione. Dietro le quinte ci sarà sempre lui, Matteo, si disse quattro settimane fa. Ma la velocità che ha caratterizzato il suo modo di fare è stata mantenuta anche nella velocità dell'oblio, la mutazione rapida del paesaggio politico, il potere logora chi non ce l'ha, e tutte le menate nazionali che sappiamo. Ora molti dubitano che lei ritornerà, qualcuno dubita che sia mai esistito. Sembrava duraturo e invece dopo mille giorni Trottolino se ne andò. Voleva fare il partito della nazione e invece ha fatto il dipartito dalla nazione. Però giocano a suo favore tre fattori: la sua età ancora giovane rispetto ai principali concorrenti, il vuoto spinto di alternative e l'assenza di un capataz nella sinistra che possa approfittare della sua lontananza per cambiare la serratura al Potere. Non ditemi Speranza, per carità. Lei sta scontando il suo peccato principale che è di aver esagerato. Ha esagerato a vantare il suo avvento come un cambiamento dalla notte al giorno e a decantare la sua azione di governo come un prodigio quotidiano, a cui non corrispondeva alcun riscontro nella realtà. Ha esagerato a concentrare tutta l'attenzione su di lei, ha esagerato a considerare tutti coloro che non si inginocchiavano al suo egocentrismo come pesi morti, se non addirittura morti senza peso politico. Ha esagerato a giocare la partita uno contro tutti, il suo oggi contro tutti i passati possibili e i futuri diversi. Ha esagerato col populismo demagogico e con le mancette elettorali, col fiabesco ottimismo e l'avocazione a sé di tutti i poteri visibili e invisibili, mediatici e pubblici. Ha esagerato. Poi sono pronto a dire che tutto sommato è andata meglio con lei che con i suoi predecessori abusivi di Palazzo Chigi; che è suo merito aver sgonfiato e umiliato la sinistra inconcludente e presuntuosa, che è suo merito aver svelenito il clima e cessato di demonizzare l'avversario, fino a correre il pericolo opposto di risultare troppo compiacente con gli avversari di ieri. È suo merito aver sollevato il morale del Paese, non i conti, purtroppo, ma il morale, raccontando che stavamo per riprenderci e con lei l'Italia era risorta. Non era vero, ma in fondo ci faceva bene, e ci faceva stare meglio almeno psicologicamente rispetto ai funesti appelli dei suoi predecessori, tecnici iettatori in testa. È stato troppo berlusconiano, così come Berlusconi è stato troppo renziano. Ma alla fine della fiera, cosa ha lasciato facendo il passo più lungo della gamba? Poco e niente, l'incertezza e la paura del futuro, un pugno di mosche in pieno inverno. Però lei mostra energia e decisione, pensa positivo, forse troppo, mentre gli altri alle opposizioni campano solo sulle disgrazie e gli annunci catastrofici; però lei riesce a destare qualche disperata simpatia anche sul versante destro. Per questo pensavo che sarebbe stato meglio finire con lei la legislatura e poi magari mandarla a casa con le votazioni. Ora penso e quasi spero che alla fine lei riciccerà. Ma da che parte, a cavallo del Pd oppure no? Credo che a lei convenga andare al voto subito, ma sa già che non si farà, ci sono scadenze internazionali come alibi per rinviare e molti remano contro le elezioni subito, a cominciare dai due presidenti che lei ha insediato al Quirinale e a Palazzo Chigi. Franato l'Italicum sotto le rovine referendarie della riforma, fallito il Matteorum, lei è tornato al Mattarellum, ma ora non sarà facile farlo ingoiare così al Parlamento, troppe resistenze. In un paese come il nostro che accorre sempre in soccorso dei vincitori, lei ha assunto la fama iellata dello sconfitto. E come accade ormai da decenni, la politica incapace di prendere decisioni o di farsele approvare dal popolo sovrano, resta appesa ai giudici e al loro parere sul sistema elettorale che verrà espresso il 24 gennaio. Molto del suo futuro dipenderà da loro. Ma ora che non è al potere e che gli opportunisti al suo rimorchio stanno già pensando di riciclarsi, mentre frana la sua Rai che da sempre è il barometro del Potere, ora che l'attaccano persino per le innocue vacanze nazionali e famigliari in Val Gardena da dimissionario e disoccupato, aizzando contro di lei un populismo rognoso e micragnoso, lasci che le dica: con tutti i suoi difetti, enormi, e le sue vanità, gigantesche, il suo illusionismo da piazzista, lei è meglio dei suoi avversari interni ed esterni, e delle sue controfigure. Io non la voterò perché non mi piace la politica senza storia e senza radici, legata solo alla faccina del leader pigliatutto; ma mi auguro che torni alla ribalta, magari stavolta in dosi meno esagerate. Modica quantità. E poi vinca il migliore sperando che nel frattempo si trovi uno un po' meglio di lei, meno istrione e più capace, meno veloce e più efficace, meno comunicatore ma più affidabile.

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