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Matteo Renzi sbandato tra destra e web

Luigi Bisignani
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Caro direttore, le elezioni di oggi per la Città metropolitana di Roma (la vecchia Provincia) non preoccupano il premier Renzi, che pensa soltanto al referendum. Ha un incubo: i voti del popolo del centrodestra e della Rete saranno decisivi per l'esito della votazione del 4 dicembre. Ma per riuscire a conquistarli il premier ha capito che deve cambiare strategia. Nemmeno mettere in campo a colpi di centinaia di migliaia di euro il guru del Colorado Jim Messina, abituato ad usare algoritmi e big data per acquisire consenso, è valso a qualcosa. A spiegarglielo riservatamente ci sta pensando l'ennesimo ascoltatissimo e già un po' spaesato astro nascente del Giglio magico: Diego Piacentini. Catapultato da Amazon a Palazzo Chigi, ha subito afferrato che l'Italia è talmente indietro che, a differenza degli Stati Uniti, è impossibile individuare per via informatica i profili degli elettori. Persa per strada la carta del «convincimento digitale», Renzi ha quindi iniziato una forsennata campagna elettorale. Grazie alla sua resistenza fisica, sembra essersi messo in aspettativa dall'incarico di Premier per un feroce tour da uomo solo al comando. Ricorda Silvio Berlusconi, con la differenza che il Cav ha sempre tranquillizzato gli elettori mentre lui sta passando come uno che insegue soprattutto il potere. Anche la militarizzazione dei programmi della Rai verso il Sì, con un fuoriclasse come Bruno Vespa incantato e protettivo verso Maria Elena Boschi, sta diventando un boomerang. Tutto a vantaggio de La7 che, con costi bassi e un irresistibile Maurizio Crozza, ha trovato una sua identità per il No, attraente anche per l'incattivito popolo del web che deride i ministri obbligati dal Presidente del consiglio ad andare in tv. Se tornasse ad essere il primo Renzi, un po' guascone, senza troppi guru e scorte al seguito che paralizzano le città al suo passaggio, potrebbe anche recuperare. Ma sa bene che, comunque vada il referendum, il 6 dicembre verso le 12 lo attende al Quirinale Sergio Mattarella, che gli chiederà una profonda verifica della sua base parlamentare e dell'azione di governo perché non vuole le elezioni anticipate.

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