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Caso Tulliani, la Finanza sequestra un milione di euro a Fini

Gianfranco Fini

Andrea Ossino
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Al pari della moglie, Gianfranco Fini interpretava un ruolo importante nel "sistema Corallo". Ne è convinta il sostituto procuratore Barbara Sargenti. Oggi infatti, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, gli uomini della Guardia di Finanza hanno bussato alla porta dell'ex presidente della Camera dei Deputati. Il motivo? Eseguire un decreto di sequestro da capogiro: un milione di euro. A finire nel mirino degli inquirenti vi sarebbero due polizze vita. Assicurazioni importanti, visto che il valore del riscatto raggiunge quota 495mila euro. Non è la prima volta che in casa Fini avvengono fatti simili. L'ex leader di Alleanza Nazionale, indagato per concorso in riciclaggio, aveva già ricevuto una visita della Finanza nel febbraio scorso. Secondo gli inquirenti infatti, la moglie Elisabetta Tulliani, insieme al padre Sergio e al fratello Giancarlo (destinatari di un decreto di sequestro di circa 5 milioni di euro), avrebbero ottenuto un profitto di 7 milioni di euro riciclando il denaro del Re delle slot, Francesco Corallo: l'imprenditore catanese che, insieme ad Alessandro La Monica, Rudolf Theodoor Anna Baetsen, Arturo Vespignani e Amedeo Laboccetta, avrebbe promosso e partecipato a un'associazione a delinquere a carattere transnazionale, dedita ai reati di peculato, riciclaggio e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Il profitto illecito dell'associazione sarebbe poi stato rimpiegato in attività economiche di varia natura. Tra queste anche le acquisizioni immobiliari che avrebbero visto il coinvolgimento dei Tulliani. E così le indagini hanno portato la procura di Roma sulle tracce della famosa casa di Montecarlo. "Nell'ambito di tale progetto - scriveva il Gip - le società Printemps, Timara e Jayden, costituite su input e con denaro messo a disposizione da Corallo, ricevevano da altra società off-shore facente capo a Corallo la provvista necessaria per l'acquisto dell'immobile di Montecarlo, poi rivenduto, a novembre 2015, realizzando una notevole plusvalenza a favore della società venditrice Timara, dalla quale avrebbero successivamente beneficiato i due fratelli Tulliani, su cui conti personali sarebbero state girate le somme derivate dalla vendita dell'immobile". Fini continua a negare il suo coinvolgimento, così come quello della moglie, nella compravendita dell'appartamento monegasco. Ma per i giudici ciò sarebbe "palesemente smentito dall'esito delle indagini svolte, da cui emergono strettissimi rapporti tra Tulliani e Corallo, tali da poter pacificamente escludere la dedotta buona fede dei ricorrenti". Anzi, i Tulliani erano "direttamente interessati anche alla ristrutturazione dell'immobile, non certo, con riferimento ad Elisabetta, per un suo spiccato gusto nell'arredamento, ma perché le società Timara e Printemps, a loro riconducibili, erano divenute proprietarie dell'immobile, pagando il corrispettivo con somme erogate dai conti delle società di Corallo". Il giudice era stato categorico: "Sembra singolare che in un partito dall'accentuata connotazione gerarchica, il Segretario (Gianfranco Fini ndr) ignorasse l'esistenza delle vicende di un gruppo industriale che si preparava all'accesso, a livello nazionale, e all'esito di una gara bandita da un Governo di cui egli era parte, al lucrosissimo settore del gioco legale".

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