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Giorgia Meloni: "Parisi è ancora troppo legato a Renzi"

Giorgia Meloni

Carlantonio Solimene
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«Berlusconi è stato chiaro: il centrodestra non farà più favori a Renzi. Purtroppo in Forza Italia non tutti sembrano così netti. Vedi Stefano Parisi». Arriva la campagna elettorale ed è tempo di archiviare il galateo. E così Giorgia Meloni, in questa lunga confessione a Il Tempo, ne ha per tutti: dai vari D'Alema e Fini «che farebbero meglio a non farsi vedere troppo per non avvantaggiare il sì», al presidente Mattarella «che dovrebbe dirigere i suoi appelli a un confronto civile più al governo che all'opposizione». Senza risparmiare neanche i due protagonisti della sfida elettorale americana, Trump e Clinton: entrambi invotabili. Ma le attenzioni maggiori non possono che essere concentrate sul referendum. Onorevole Giorgia Meloni, cosa avrebbe chiesto a Salvini e Berlusconi se il vertice di Milano non fosse saltato? «Quello che ho già chiesto in passato. Che accanto alla battaglia comune sul referendum ci sia anche un minimo comun demoninatore sul programma di cui il centrodestra dovrà dotarsi al più presto. Penso ad alcuni punti che per noi sono dirimenti: la sovranità, l'abbattimento della pressione fiscale, la difesa della famiglia tradizionale. Ma anche e soprattutto i rapporti che si intendono avere in futuro con Renzi». In che senso? «Non accetterò di allearmi con chi pensa in futuro di dare un'altra volta una mano a questo premier: con un nuovo "Nazareno" o magari con un aiutino alle urne, come è successo alle amministrative di Roma. Ecco, da questo punto di vista sono contenta che nell'ultimo vertice Berlusconi abbia messo per iscritto che dopo il referendum non ci sarà nessun governo con il Pd sostenuto da Forza Italia. Peccato che non tutti in quel partito sembrano così fermi su questa posizione. Stefano Parisi, ad esempio, appare piuttosto tiepido sul tema». Ma se Berlusconi si è già impegnato, perché convocare un nuovo vertice? «Perché non si tratta solo del referendum, ma di articolare una nuova proposta politica che sia competitiva alle elezioni. Senza contare che è necessario anche darsi un metodo per permettere l'accordo tra i partiti. Personalmente, non mi stancherò mai di ripetere quanto siano necessarie le primarie». L'incontro però è saltato. «No, è stato solo rinviato alla prossima settimana. Non alimenterei dietrologie su questo aspetto, Berlusconi è appena rientrato dagli Stati Uniti, mi sembra fisiologico che abbia bisogno di recuperare le forze». Si dice che il Cav non voglia esporsi così presto. La campagna elettorale è partita con troppo anticipo? «No, perché questioni così importanti necessitano di tempo per essere analizzate, è stato così anche in passato. Per assurdo, è proprio Renzi ad aver bisogno di meno tempo. La sua comunicazione sul referendum è facilissima. Gli basta dire che se vince il no alla fine non cambia nulla. Infatti ultimamente ripete slogan molto semplici, non entra mai nel dettaglio della riforma. Noi invece dobbiamo dimostrare che se vince il sì le cose cambieranno, è vero, ma in peggio. Dobbiamo affondare la nostra analisi nei contenuti di questa riforma, una grandissima occasione persa». In realtà sembra si voti sul governo, non sulla riforma. «Questo è stato un autogol del premier. Dal canto mio, da settimane chiedo di confrontarmi sulla riforma con qualche esponente della maggioranza. Ma preferiscono altri interlocutori con cui hanno gioco facile». Si riferisce a qualcuno in particolare? «Penso che i vari D'Alema, Fini o Pomicino farebbero meglio a non esporsi troppo se non vogliono ottenere un effetto controproducente. Sembra quasi che la Prima Repubblica sia contro Renzi, quando invece quella del premier è proprio una riforma da Prima Repubblica. Perché il potere è sempre più chiuso nelle sue stanze e la gente conta sempre meno. Per non parlare della sua campagna elettorale, basata su promesse che non saranno realizzate o che, nel peggiore dei casi, andranno ad aumentare il debito pubblico. Proprio un modus operandi da vecchia politica. A pensarci bene, non capisco perché Pomicino sia contrario...». Una vittoria del no finirà col rafforzare solo Grillo? «Se anche fosse il M5S a vincere le prossime elezioni, sarebbe sempre una restaurazione della democrazia nel Paese. Ma credo che il centrodestra, se sarà capace di organizzare una seria alternativa, sarà competitivo con i grillini. Siamo entrambi contro i poteri forti, ma noi possiamo anche creare una proposta costruttiva che a loro manca. Basta vedere i disastri che stanno combinando a Roma». Il presidente Mattarella ha chiesto a tutti una campagna elettorale dai toni moderati. Rispetterete la sua richiesta? «Francamente non credo si riferisse a noi. Il problema in questa campagna non è stata l'opposizione, ma un governo che sta provando a imbrogliare gli italiani con un quesito referendario fuorviante o una Rai che manda spot che, invece che limitarsi a informare su come si vota, entrano nel merito della riforma e indirizzano il consenso. Mattarella faccia attenzione a questo. E controlli che venga rispettata la par condicio. Finora Renzi è stato in tv a tutte le ore». Da un voto all'altro: non ha ancora detto per chi tifa tra Donald Trump e Hillary Clinton negli Usa. «Diciamo che sono contenta di non dover scegliere. Hillary per me rappresenta il male dei mali, tutto il peggio che ci può essere in un politico. Ma al tempo stesso non mi sento assolutamente rappresentata da Trump, pur condividendo alcune cose che dice».

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