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Da Papa Bergoglio troppi cambiamenti E i cardinali mormorano

Papa Francesco

Luigi Bisignani
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Caro direttore, i gesuiti hanno eletto il loro superiore, soprannominato il «Papa nero» in contrapposizione al «Papa Bianco» di Roma. Quattro giorni di dibattito che si è svolto, prima volta nella storia, con un altro gesuita, Bergoglio, capo della Chiesa Cattolica convitato di pietra. La scelta è caduta su un venezuelano di 67 anni, padre Arturo Sosa Abascal e Francesco, nonostante il suo candidato fosse il suo ex portavoce padre Federico Lombardi, ha tirato un sospiro di sollievo. A Santa Marta negli ultimi mesi erano arrivati segnali di tormento da parte di diversi esponenti di punta dell'Ordine sulle accelerazioni teologiche di questo Papa: dall'Islam ai divorziati, ma il malumore tra loro nasce soprattutto dalla clamorosa decisione del Pontefice di andare il 31 ottobre in Svezia, a Lund, per commemorare, con una cerimonia congiunta fra la Chiesa Cattolica e la Federazione Luterana mondiale, il 500mo anniversario della Riforma di Martin Lutero. Causa di milioni di morti e di tante lacerazioni nella Chiesa cristiana. Nel conclave, che in questo caso si chiama "murmuratio", il dibattito ruotava proprio attorno a questa visita, perché non c'è neppure uno dei 17 mila gesuiti sparsi per il mondo che non ricorda come l'Ordine, fondato da Ignazio di Loyola nel 1500, nascesse proprio dal presupposto di combattere Lutero e la sua riforma. Se pure l'elezione di un Bergogliano come Abascal stempererà le polemiche soffia sempre più forte il vento contro questo papato. Le discussioni tra gli uomini di Chiesa avvengono durante gli esercizi spirituali al riparo da occhi indiscreti o durante i pellegrinaggi nei santuari come quello ospitato nell'Abbazia benedettina di San Gallo in Svizzera. Partito inizialmente dalla Curia romana, il disagio si sta diffondendo fra gli esponenti più in vista dell'episcopato europeo e di quello potentissimo nordamericano, tutti turbati da un Papa che, candidamente, dichiara obsolete tutte le dottrine e, per di più, afferma che sono argomenti per teologi. Eppure, dai tempi delle lettere di San Cipriano nel 250 il successore di Pietro viene considerato, a ragione, il primo teologo. A interrogarsi su dogmi fondamentali della Fede di un cattolico, come ad esempio l'eucarestia e la purezza della Madonna, sono il cardinale Gerhard Müller, discepolo prediletto di Ratzinger e prefetto della Dottrina della Fede, l'arcivescovo di New York Timothy Dolan, il cardinale belga Godfried Danneels, il potentissimo australiano George Pell e il cardinale Raymond Burke, esiliato all'Ordine di Malta. Ma anche in Italia lo sconcerto cresce. Con i modi del grande diplomatico, addirittura il segretario di Stato Pietro Parolin ha fatto trapelare i suoi dubbi, insieme con il suo vice Angelo Giovanni Becciu, ma anche il cardinale Mauro Piacenza e gli "amici del Movimento dei Focolari", con i cardinali Óscar Maradiaga e Fernando Filoni, quest'ultimo capo della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli. Se è vero che la storia recente ha visto blocchi di cardinali contrapporsi fra loro, per questioni teologiche o meramente geografiche, mai prima d'ora il collegio si era diviso in fazioni a favore o contro il Pontefice. Fino a quando un grande Papa, così mediatico, potrà far finta di niente?

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