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Un terremoto giudiziario

Sergio Pirozzi

Sergio Pirozzi fra tradimento e indagini a orologeria

Gian Marco Chiocci
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Di fronte a un terremoto giudiziario di tal portata politica ribadiamo il nostro garantismo militante, spontaneo e viscerale. Dunque ci sdegna questo avviso di conclusione indagine per Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice, sotto inchiesta (a poche settimane dal voto) per omicidio colposo, disastro colposo e lesioni personali colpose relativamente al crollo di una palazzina durante il terremoto nella sua città. Ci indigna perché riteniamo che la dinamite giudiziaria posta nel ben mezzo di una corsa elettorale, con il timer azionato al passaggio di uno dei concorrenti alla presidenza della Regione Lazio, non faccia bene alla democrazia. Detto ciò l'accusa per Pirozzi rischia di danneggiarlo più delle sue incomprensibili scelte politiche perché ridà fiato a quanti - ingiustamente - lo stuzzicavano sullo sciacallaggio postumo a fini elettorali. Noi che teniamo ben distinte le presunte responsabilità del sindaco delle macerie negli addebiti delle Procure, insistiamo a criticare la sua decisione di far vincere Zingaretti in danno di un centrodestra che con ritardo sembra aver trovato la quadra con un candidato in crescita nei sondaggi per una rimonta impensabile fino a dieci giorni fa. Non abbiamo bisogno di attendere il 4 marzo per decretare come Pirozzi sia stato una delle più grandi occasioni sprecate nella politica degli ultimi anni a causa di se stesso, di amici in comune col governatore rosso, di cattivi consiglieri. Per non ripetere gli errori che hanno portato la Raggi a vincere a Roma, l'avevamo invocato affinché mollasse la scialuppa moralista per incardinarsi in un centrodestra alla ricerca di una classe dirigente nuova. Lui, teorico della politica dello scarpone, fermo nella critica verso i ritardi istituzionali ma, da uomo formatosi a destra, mai deviante da quel rispetto che si deve alle Istituzioni stesse. Lo avevamo immaginato ai vertici di una coalizione regionale, che anche attraverso il suo impegno avrebbe potuto ri-sincronizzarsi con il territorio. E invece niente. Pirozzi-Tafazzi ha iniziato la sua corsa a zig zag, solitaria e maldestra, piena di idealismo ostentato e supponenza implicita. Ha ammesso lui stesso di aver rifiutato, da parte del centrodestra, incarichi di prestigio che avrebbero potuto dare finalmente voce al suo popolo ferito e alle comunità periferiche dimenticate. Epperò al dunque ha rinunciato a essere utile all'Italia per lanciarsi in questa sfida dove lo slancio scaldacuore copre una tattica scientificamente suicida. Non è un mistero che Pirozzi, oltre ad essere candidato Presidente, abbia deciso di correre col paracadute anche come capolista. Parimenti sono lì, sulla carta, quelle «coincidenze» che lo vedono vicino ad imprenditori prossimi a loro volta al Presidente uscente del centrosinistra e ricandidato Nicola Zingaretti. Tutt'al più il 5 marzo dopo una meravigliosa avventura intrisa di sentimento e di una buona retorica, rimarrà un centrodestra che poteva vincere e non ha vinto perché andato diviso e un centrosinistra che aveva già perso ma è stato riconfermato grazie alla spaccatura di Sergione nostro. Questa, in fondo è la sua colpa: non i lavori pre terremoto ma il terremoto mancato alla giunta Zingaretti. Onore allora a Parisi, che ci ha messo la faccia e si è rimboccato le maniche. E buona fortuna al camerata indagato Pirozzi che immaginiamo innocente per il palazzo crollato ma che condanniamo senza appello per il tradimento compiuto.

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