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Voto a perdere

Roberto Maroni commenta l'esito del referendum

Il risultato elettorale è consistito in una triste mascherata

Gian Marco Chiocci
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Sarà che a «Roma Ladrona» sono scese le prime gocce ma al Nord operoso tantò tuono che alla fine non piovve. Proprio così, i due referendum sull'autonomia di Lombardia e Veneto consegnano alla storia una campagna elettorale a salve. Zaia vince la partita sul piano della prova plebiscitaria, anche se ora, con un governo prossimo alla dipartita e un quadro politico malmesso, sarà arduo individuare gli interlocutori per «trattare» l'autodeterminazione su mandato popolare. L'avevamo scritto e lo ripetiamo: questo referendum è un voto a perdere, un fuoco d'artificio propagandistico, un'esercitazione di popolo dai bassi contenuti politici. L'incendio di un covone di paglia, insomma. Dove Roberto Maroni, governatore della Lombardia, ha finito per scottarsi egli stesso nel falò-flop dell'affluenza alle urne. Anche perché il referendum lombardo, più di quello veneto, aveva dentro tante cose. L'enfasi di vecchie suggestioni leghiste, la resa dei conti tra quella a vocazione padana e l'altra salviniana a trazione nazionale, il tentativo di giocare a braccio di ferro con gli elettori. Il risultato è consistito in una triste mascherata dalla mesta vigilia, con Maroni costretto ad abbassare l'asticella del successo di affluenza fino ad un risibile 34% pur di brindare alla vittoria. Tattica politica stanca, peraltro reiterata ieri nella ritrosia a diffondere i dati. Alla fine, siamo a circa un elettore lombardo su tre ai seggi. La madre di tutte le battaglie s'è trasformata nella madre di tutte le faide, con zero scrupoli nello spaccare il centrodestra (Berlusconi in soccorso di Maroni contro Salvini, la Meloni contro i leghisti in soccorso di Salvini). Queste le istantanee scattate ieri, dov'era scontato vincesse il sì come suggerito da tutti i partiti. Le questioni serie sono andate a farsi benedire, gli elettori lombardi a farsi una passeggiata. Romanamente, diremmo a Maroni «aridacce i 50 milioni di euro» buttati per tablet e seggi. Più realisticamente, però, pensiamo sia il caso di chiudere il sipario su una recita triste dal copione sgualcito. Sui titoli di coda speriamo rinasca un centrodestra più serio di quello attuale.

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