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Catalogna, maggioranza agli indipendentisti ma gli unionisti di Ciudadanos sono il primo partito

Silvia Sfregola
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Gli unionisti di Ciudadanos sono il primo partito in Catalogna con 36 seggi, ma le formazioni indipendentiste riescono a mantenere la maggioranza assoluta al Parlament catalano. Questo il verdetto delle elezioni regionali indette dal governo di Madrid dopo il commissariamento della regione in seguito alla dichiarazione d'indipendenza. Affluenza record: la partecipazione al voto ha toccato l'82%, il valore più alto mai registrato, sette punti in più rispetto alle consultazioni del 2015, quando l'affluenza fu del 74,95%. Con il 97,8% dei voti scrutinati, Ciudadanos di Inés Arrimadas è davanti a tutti con 36 seggi (26,67%) ma i partiti secessionisti ottengono comunque 70 seggi su 135. Junts per Catalunya, il partito dell'ex presidente Carles Puigdemont, ottiene 34 seggi (25,19%), che sommati ai 32 seggi di Esquerra Republicana de Catalunya (Erc), e ai 4 seggi di Cup permettono alle formazioni autonomiste di restare al governo. Un esito che potrebbe prolungare ancora a lungo la peggior crisi politica da decenni. Si apre ora un ulteriore capitolo incerto per il premier Mariano Rajoy. Sembra destinata a durare la crisi che ha danneggiato l'economia spagnola, anche spingendo centinaia di aziende a trasferire fuori dalla Catalogna le loro sedi legali. Il voto era considerato una sorta di test sul sostegno dei catalani al movimento separatista, dopo che Rajoy aveva commissariato la regione tramite l'articolo 155 della Costituzione, rimuovendone i leader dopo il referendum sull'indipendenza e la dichiarazione unilaterale. Il risultato del Partito Popolare di Rajoy, che si ferma poco sopra il 2% e ottiene solo 4 seggi, sembra sancire invece bocciatura del premier da parte dei catalani. Male anche i socialisti del Psc che ottengono 17 seggi con il 12,6% dei consensi, CatComù, formazione vicina a Podemos, ha 8 seggi con il 5,9%. Martedì, Carles Puigdemont nel suo ultimo discorso prima delle elezioni tenuto da Bruxelles ha chiesto a "tutti gli indipendentisti", "catalanisti" e "democratici" di sostenere la sua rielezione. Il voto si è svolto in un contesto anomalo, con 13 politici separatisti accusati dalla procura spagnola di ribellione e sedizione: fra loro lo stesso Puigdemont, che si trova in autoesilio in Belgio assieme ad altri quattro ex ministri (cioè Clara Ponsati della Salute, Antoni Comin dell'Istruzione, Lluis Puig della Cultura e Meritxell Serret dell'Agricoltura). Il suo ex vice e ora capo della lista Erc, Oriol Junqueras, è invece in carcere vicino a Madrid dal 2 novembre, per analoghe accuse a seguito del referendum sull'indipendenza.

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