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Turchia, Osce: "Voto viola standard internazionali". Erdogan: "È democrazia"

Silvia Sfregola
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Ankara respinge al mittente le critiche sul referendum costituzionale di ieri, in cui il 51,4% dei turchi ha approvato la riforma voluta dal presidente Recep Tayyip Erdogan per ampliare i poteri della sua carica (ha detto no il 48,6%, con affluenza all'85%). Gli osservatori di Osce e Consiglio d'Europa hanno definito la consultazione "non all'altezza degli standard internazionali", criticando la mancanza di equilibrio tra il fronte del "sì" (del governo) e del "no" (dell'opposizione). Ma Erdogan non accoglie le critiche, che sin da ieri erano state precedute da una lunga serie di appelli internazionali al dialogo interno, con gli altri Paesi e con quelle istituzioni (di cui il Paese fa parte). Intanto, i partiti d'opposizione turchi Chp e filocurdo Hdp hanno contestato i risultati e chiesto di annullare il voto, minacciando di ricorrere alla Corte europea dei diritti umani, in gran parte per la decisione della commissione elettorale di considerare valide anche le schede senza timbro ufficiale. "C'è un'organizzazione chiamata Osce che sta preparando una relazione per dire che il referendum è stato in un modo oppure in altro. Non daremo seguito a quei dossier, dicano quel che vogliano", ha affermato Erdogan, che ha parlato ai suoi sostenitori fuori dal palazzo presidenziale ad Ankara, citato da Cnn Turk. Accusando i Paesi europei di scarsa democrazia, per aver impedito ai ministri del suo governo di far campagna elettorale nel loro territorio (in particolare Germania e Olanda, tacciate da Erdogan di comportamenti "fascisti" e "nazisti" con conseguenti, inevitabili, ulteriori tensioni), il presidente ha parlato del voto di ieri come "del più democratico mai visto in un Paese europeo" e si è rivolto direttamente agli osservatori invitandoli a "stare al proprio posto". La consultazione, ha affermato, mette fine alle discussioni sulla possibilità di introdurre un sistema presidenziale, perché il popolo ha scelto. Una posizione cui ha fatto eco il premier, Binali Yildirim: "Il messaggio è chiaro". E il ministero degli Esteri ha criticato gli osservatori, definendoli "faziosi" e parlando di "accuse di carattere politico". Nel discorso nella Capitale, davanti alle bandiere rosse sventolate dai suoi sostenitori, il leader del partito Akp è anche tornato sulla questione dell'adesione all'Unione europea. Da ieri, diversi leader europei sono tornati sull'argomento. Tra loro, l'ha fatto senza mezzi termini il ministro degli Esteri austriaco, Sebastian Kurz, che ha chiesto lo stop ai negoziati. Non è nuovo a questa posizione, che aveva già espresso nel novembre scorso a causa delle purghe seguite al fallito golpe dell'estate scorsa e dell'intenzione di Erdogan di ripristinare la pena di morte. Ma non importa se l'Ue bloccherà l'iter per l'adesione, ha tuonato Erdogan in tutta risposta, anzi: Ankara potrebbe indire un referendum per sfilarsi. Intanto il presidente americano Donald Trump telefona al collega turco e si congratula per la vittoria. In una nota la Casa Bianca spiega che nel colloquio Trump ha ringraziato Erdogan per il sostegno nell'attacco missilistico americano in Siria in risposta all'attacco chimico da parte del governo siriano il 4 aprile scorso. I due leader hanno anche convenuto sull'importanza di ritenere il presidente siriano Bashar al-Assad responsabile dell'attacco chimico e hanno discusso anche della lotta contro lo Stato Islamico.

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