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Nord Corea, nuovo test missilistico ma il lancio fallisce. Pyongyang: pronti alla guerra nucleare

Silvia Sfregola
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Un nuovo test missilistico è stato compiuto dalla Corea del Nord nelle ultime ore di tensione con gli Stati Uniti. Il lancio missilistico, avvenuto alle 5.50 ora locale in Corea del Sud, è fallito subito dopo essere stato licenziato. Nonostante questo il paese asiatico si dice pronto alla guerra nucleare. "Siamo pienamente preparati ad affrontare qualsiasi tipo di guerra con le nostre armi nucleari, se gli Stati Uniti attaccano la penisola coreana". Ad affermarlo è stato il vicepresidente del Partito dei Lavoratori della Corea del Nord, Choe Ryong-hae, in occasione della parata militare svoltasi a Pyongyang per la "Giornata del sole", la celebrazione annuale in onore di Kin Il-sung, fondatore del paese e padre dell'attuale leader, Kim Jong-un. A meno di una settimana dall'annuncio degli Stati Uniti, che hanno deciso di dislocare nelle acque dell'Oceano Pacifico che fronteggiano la Corea la portaerei Karl Vinson e la sua flotta d'attacco, la risposta del regime del Nord non è passata solo dalle parole, ma anche dall'esibizione delle proprie armi. E, in particolare, di quelli che sembrerebbero nuovi missili a lungo raggio. "Crediamo che possa essere un nuovo Icbm. Di certo sembra più grande di un Kn-08 o di un Kn-14", ha riferito all'agenzia Yonhap - dopo aver visionato le immagini della parata - un portavoce del ministero della Difesa della corea del Sud, utilizzando l'espressione con cui vengono di norma definiti i missi balistici intercontinentali. L'arma mostrata oggi potrebbe essere alimentata a combustibile solido, un tipo di progettazione che la renderebbe più veloce da caricare e in grado di mantenersi pronta all'utilizzo per un periodo di tempo più lungo rispetto a quelle alimentate con propellente liquido. Ma si tratta solo di considerazioni ipotetiche, dal momento che gli esperti stanno ancora analizzando quanto è stato possibile osservare del nuovo missile. In questo senso, non è escluso nemmeno che si tratti della replica di un armamento ancora in fase di sviluppo costruita a scopo di propaganda. D'altra parte, all'inizio dell'anno lo stesso Kim Jong-un aveva avvertito che la Corea del Nord stava finalizzando la preparazione di un razzo in grado di raggiungere il territorio statunitense. Parata militare, sfilano anche missili Lo sfoggio di forza militare di oggi è arrivato dopo una vigilia che ha visto la tensione salire a livelli allarmanti a livello internazionale. Già ieri, infatti, l'agenzia ufficiale nordcoreana Kcna riportava una durissima nota dell'esercito che metteva in guardia Washington rispetto agli esiti di un eventuale attacco. "La nostra più dura reazione contro gli Usa e le sue forze vassalle - si leggeva nel comunicato - sarà intrapresa in una maniera così spietata che non permetterà agli aggressori di sopravvivere". La Cina, storico alleato di Pyongyang, non ha dal canto proprio tardato a esprimere la preoccupazione. "Se ci sarà una guerra, il risultato sarà una situazione in cui tutti perderanno e nessuno vincerà", ha dichiarato sempre ieri il capo della diplomazia di Pechino, Wang Yi, che in giornata ha anche sentito telefonicamente l'omologo russo, Sergei Lavrov. L'attacco Usa in Afghanistan Gli Stati Uniti hanno sganciato la bomba GBU-43, meglio nota come Moab o "madre di tutte le bombe", contro lo Stato islamico in Afghanistan. "L'arma giusta al momento giusto", per il capo del contingente americano nel Paese, il generale John Nicholson, che ha dato l'ordine di lanciare il proiettile da 10 tonnellate, noto come la più potente bomba convenzionale (cioè non nucleare) mai usata prima in combattimento. Trentasei i jihadisti uccisi secondo Kabul, 92 nel conteggio del governo locale, zero per l'agenzia Amaq legata all'Isis. Un messaggio alla Corea del Nord agli occhi di molti osservatori, mentre la tensione per eventuali mosse di Pyongyang è altissima: potrebbe effettuare il suo sesto test nucleare oggi, nel contesto delle cerimonie per l'anniversario della nascita del suo leader fondatore. "Non so se sia o meno un messaggio per Pyongyang - ha dichiarato il presidente americano Donald Trump - ma la Corea del Nord è un problema e ce ne occuperemo". Nicholson però puntualizza: "Non è stato un messaggio politico, ma una decisione puramente tattica, perché le forze anti-Isis stavano incontrando ostacoli nel contrastare il gruppo jihadista. L'obiettivo - ha spiegato - era distruggere una rete di tunnel, caverne e bunker nella provincia di Nangarhar che lo Stato islamico aveva negli ultimi anni ampliato e che usava per lanciare i suoi attacchi". Quindi, per il generale americano, semplicemente era tempo di usare l'ordigno, il più potente che sia stato utilizzato dalla fine della seconda guerra mondiale. A sganciarlo, un MC-130. Mosca rilancia I media russi hanno risposto agli Usa ricordando che le forze armate di Mosca dispongono del cosiddetto "padre di tutte le bombe" (Foab). Un ordigno termobarico quattro volte più potente della Moab, scrivono RT e Sputnik, che fu sviluppata all'inizio degli anni 2000 e testata con successo nel 2007. Quando fu sperimentata in quell'occasione, lanciata da un Tu-160, rase al suolo completamente un caseggiato di appartamenti, con una potenza distruttiva mai vista prima in una bomba non nucleare. Più leggera della Moab, la bomba russa ha una potenza pari a 44 tonnellate di Tnt, sebbene per via della segretezza delle informazioni non ci siano conferme ufficiali. Navi da guerra Usa nel Pacifico Ma il lancio della "superbomba" Usa non sarebbe l'unica esibizione muscolare in politica estera dell'amministrazione Trump. Il Pentagono giorni fa ha ridirezionato la portaerei a propulsione nucleare Carl Vinson, e le navi della sua flotta, dirigendole verso le acque vicine alla penisola coreana. E il 7 aprile le forze Usa hanno bombardato una base aerea del regime di Bashar Assad in Siria, surriscaldando le relazioni con i maggiori alleati del regime, Iran e Russia. Una reazione, per l'amministrazione Trump, all'attacco chimico attribuito ad Assad nella provincia di Idlib. E ieri i ministri degli Esteri dei tre Paesi si sono incontrati a Mosca, serrando le file contro "l'atto di aggressione" degli Usa. Cina preoccupata "Se ci sarà una guerra, il risultato sarà una situazione in cui tutti perderanno e nessuno vincerà", ha pronosticato il capo della diplomazia cinese, Wang Yi, avvertendo che chi la provocherà "dovrà assumersene le responsabilità storiche e pagarne il prezzo". La richiesta di moderazione arriva dalla Cina, principale alleato del regime di Pyongyang, dopo l'allarme internazionale per la possibilità che la Corea del Nord realizzi il suo sesto test atomico. Immagini mostrate ieri di una base nucleare del Paese mostrano infatti che l'esercito di Kim Jong-un sarebbe pronto a condurre il nuovo test. All'appello della Cina ha fatto eco il Cremlino, che si è detto "molto preoccupato" e ha chiesto a "tutti i Paesi" di esercitare moderazione ed evitare atti che possano essere interpretati come provocazioni.

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