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Stati Uniti, Trump sacrifica il suo ideologo: Bannon via dal Consiglio per la sicurezza

Davide Di Santo
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Donald Trump sacrifica il suo ideologo. Steve Bannon, capo stratega del presidente americano, è stato rimosso dal Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca. Lo riferisce Bloomberg News, citando un documento dell'Amministrazione Usa e una fonte a conoscenza della vicenda. La nomina di Bannon a gennaio all'interno del Consiglio per la sicurezza nazionale, organismo che comprende anche il segretario di Stato e il ministro della Difesa e supporta il presidente nelle più importanti decisioni di politica estera e di sicurezza, era stata duramente contestata dai critici di Trump. Il presidente Usa, secondo Bloomberg news, ha anche ridimensionato all'interno del Consiglio il ruolo del consigliere per la sicurezza interna Tom Bosset. Il guru della destra Usa Steve Bannon potrebbe non essere più l'uomo forte dell'amministrazione Trump. Così almeno sembra, dopo che il presidente Usa ha deciso di rimuovere l'ultraconservatore guru della cosiddetta "alt-right" americana, dal suo ruolo chiave all'interno della macchina decisionale della Casa Bianca. A gennaio, a pochi giorni dall'insediamento, Trump aveva firmato un memorandum presidenziale per ristrutturare il National Security Council, dando di fatto a Bannon un ruolo superiore a quello del direttore dell'intelligence, nonché del generale che guida gli Stati Maggiori Unificati. Una decisione che ha sollevato le critiche della dell'opposizione democratica e della opinione pubblica liberal, ma anche lo sconcerto dello stesso partito Repubblicano. Le accuse di antisemitismo Sessantadue anni, noto per le sue posizioni vicine al nazionalismo bianco, accusato di antisemitismo, per anni Bannon è stato l'uomo, che dalla sua piattaforma online, Breitbart, ha soffiato sul fuoco dei movimenti più estremi nel panorama politico americano. Autore di un documentario che osanna Sarah Palin, ha guidato fino ad agosto scorso Breitbart, ferocemente ostile ad Hillary Clinton e allo stesso establishment repubblicano. Dopo la morte del suo fondatore, Andrew Breitbart, Bannon ha trasformato il sito nell'orgoglioso portavoce della "piattaforma di alt-right", la frangia legata all'ideologia della destra radicale, suprematista e anti-semita. Sotto la guida di Bannon, il sito, già dai tratti fortemente conservatori, ha virato ulteriormente a destra, portando all'esterno voci misogine, complottiste e xenofobe. Ha anche alimentato le più varie teorie cospirative, dalla nazionalità non americana di Barack Obama ai rumor sulla salute di Hillary Clinton, passando per l'accusa ad Huma Abedin, braccio destro di Hillary, di essere una spia di Riad. Il potere mediatico Al timone di Breitbart Bannon ha costruito le sue credenziali conservatrici anche con una serie di documentari: Generation Zero, che ascrive la crisi finanziaria a "decenni di cambiamenti sociali", la biografia di Michelle Bachmann "Fire from the Heartland", oltre al suo documentario sull'ex governatore dell'Alaska, "The Undefeated", "l'imbattuta". Non solo: il sito ha un'influenza "palpabile", come ha scritto il New York Times, sui social media: nell'ultimo anno ha raddoppiato i suoi contatti da Facebook e la notte delle elezioni, ha ricevuto il quarto numero più alto di interazioni di utenti sull'intera piattaforma di Mark Zuckerberg (superiore a Fox News, Cnn e lo stesso New York Times). Bannon è anche considerato l'uomo che si è "inventato" la conferenza stampa a sorpresa, con cui Trump fece precedere il secondo dei dibattiti tv contro la rivale democratica: il magnate repubblicano attorniato dalle donne accusatrici di Bill Clinton. L'ideologo del trumpismo Bannon nel tempo ha eclissato anche la figura del capo dello staff, il più moderato Reince Priebus ed è di fatto diventato l'ideologo del trumpismo. Secondo la stampa americana, è l'uomo, insieme a Stephen Miller, che ha prodotto il poderoso piano d'azione del nuovo corso di Trump alla Casa Bianca: dall'indebolimento dell'Obamacare, alla nuova strategia anti-immigrazione. La sua impronta si è vista fin dal primo giorno dall'arrivo del presidente Usa a Pennsylvania Avenue: è stato l'autore, insieme a Miller, del discorso inaugurale e di quell'appello a fermare l'"America carnage", i "massacro dell'America". Ha fatto notizia anche una sua aggressiva intervista al New York Times in cui invitava i media a "tenere la bocca chiusa", tacciando i grandi giornali di essere un "partito di opposizione" e accusandoli di non capire il Paese e soprattutto di non aver capito "perché Donald Trump è il presidente degli Stati Uniti". L'influenza su Donald Schivo, appare poco in televisione, tantomeno frequenta i salotti di Washington, abiti trasandati, è però stato molto ascoltato non solo da Trump, ma anche dal genero, Jared Kushner, di cui si è conquistato la fiducia. Al momento la sua influenza su Trump sarebbe appena inferiore a quella del giovane rampante marito di Ivanka Trump, ha scritto il New York Times, che ha consultato una decina di persone nell'entourage. E lo stesso presidente Usa lo ha considerato a lungo uno che si è fatto da sé, tenendolo saldamente al suo fianco in quanto nemico dell'establishment di Washington, compresi i Repubblicani. Non a caso la sua ascesa, come quella di alt-right e dei gruppi che sostengono le posizioni più populiste, sono state guardate con sospetto da molti soprattutto all'interno del Gop. Fonti della Casa Bianca ridimensionano la portata della decisione di Trump, sottolineando il fatto che a Bannon rimane l'incarico di capo della strategia del presidente. Ma è indubbio che la sua ascesa, fino a oggi in apparenza inarrestabile, abbia subito un primo stop.

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