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"Le Popolari non temono il futuro. Nel 2018 ancora protagoniste dell'economia"

Il segretario di Assopopolari Giuseppe De Lucia Lumeno

Banche e Territorio

Leonardo Ventura
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«Una nuova SpA e un tavolo di consultazione permanente con altri soggetti di rappresentanza per rendere più efficace l'azione del sistema delle banche popolari». A spiegare a Il Tempo le prossime tappe di Assopopolari, l'associazione che rappresenta gli istituti di credito del territorio, è il segretario Giuseppe De Lucia Lumeno. 2017, anno complicato per le banche? «Faccio parlare i numeri. I primi dati relativi al 2017 indicano, per le Banche popolari, una crescita degli impieghi rivolta principalmente alla clientela di riferimento: piccole e medie imprese e famiglie. I nuovi finanziamenti per le aziende sono stati pari a circa 30 miliardi di euro mentre i nuovi mutui per l'abitazione accesi dalle famiglie hanno raggiunto i 15 miliardi. Anche sul fronte della raccolta registriamo un aumento significativo con i depositi saliti del 3% e, tra questi, quelli in conto corrente del 4,5%».  Cosa faranno le banche associate nel 2018? «Non demordono e si organizzano. Con il sostegno di Assopopolari, hanno dato vita a una Società per Azioni: la Luigi Luzzatti SpA. (in onore del fondatore delle Banche popolari). Una società veicolo per la gestione degli NPLs e di altre attività di interesse comune per realizzare e sviluppare le più opportune economie di scala. Uno strumento che mette le Popolari nelle condizioni di approfondire temi strategici e fondamentali per affrontare il futuro di un'operatività bancaria in costante e progressiva evoluzione. Un'iniziativa che conferma vitalità operativa e capacità di guardare al futuro, alle sfide di oggi e a quelle che si presenteranno nei prossimi anni. Infine è nato anche un Tavolo di Consultazione». Con che scopo? «È stato costituito tra Assopopolari, Acri, l'Associazione di Fondazioni e Casse di Risparmio S.p.A. e Pri.Banks, l'Associazione Banche private italiane. Serve a rafforzare e valorizzare la funzione di tutela dei valori e degli interessi delle banche del territorio istituzionalmente svolta dalle tre associazioni». Qual è il collante? «Sono tutte banche del territorio che, insieme, rappresentano una quota rilevante del sistema del credito italiano. Hanno forme giuridiche specifiche ma sono accumunate da un modello di governance permeato dalla cul- tura della salvaguardia del risparmio e dell'economia reale. Sono, da sempre, legate ai terri- tori nei quali sono nate e nei quali rappresentano un punto di riferimento per le famiglie e per il tessuto produttivo». Cosa prevede l'Accordo? «La condivisione di conoscenze e competenze oltre che l'estensione dei sistemi di relazioni con le istituzioni italiane, comunitarie e internazionali. Il coordinamento renderà più agevole seguire l'evoluzione normativa e regolamentare a livello comunitario e nazionale. Rafforzerà, nelle sedi istituzionali, la tutela e difesa dei comuni interessi e servirà per la promozione di studi e ricerche». Le Popolari malgrado tutto sono ancora in salute? «Le prime elaborazioni di da- ti del 2017 sulle Banche di credito popolare, e le due organizzazioni che abbiamo varato, confermano come l'impegno delle banche in favore dei territori produca un riscontro reale, frutto di un legame forte con la propria clientela costruito attraverso una tradizione di partecipazione attiva». Ripresa economica e riforma del sistema bancario. Senza l'una non c'è l'altra? «Ogni discorso puramente teorico è dannoso e privo di senso. Anche in questo caso la realtà dei fatti è più forte di mille propositi e di tante parole. L'economia mostra segnali di ripresa che bisogna valorizzare e incentivare. La struttura produttiva del Paese rappresenta la seconda manifattura in Europa e si caratterizza per una pre- senza capillare e diffusa di piccole e medie imprese. Le banche del territorio rappresentano una del- le risorse più importanti al servizio di questo tipo di economia. So- no uno strumento essenziale per permettere al sistema imprenditoriale italiano di raccogliere le sfide derivanti da un mercato internazionalmente concorrenziale». Però si parla ancora di aggregazioni bancarie e di chiusura di sportelli. «La rivoluzione tecnologica ha imposto una ridefinizione generale del modello produttivo. Ma attenzione. In Europa, l'Italia è il Paese che ha fatto il maggior numero di aggregazioni. Nel 2018 – lo ha recentemente ricordato il Presidente dell'Abi Patuelli – il nostro Paese avrà un numero di banche paragonabile a quello di nazioni con 10 milioni di abitanti e non di 60 milioni come da noi. Il che significa correre il rischio della fine del libero mercato di fatto sostituito da un oligopolio, con buona pace per la concorrenza». Come si stanno attrezzando le popolari per la sfida tecnologica? «Gli operatori bancari che più di altri in questi anni hanno investito in tecnologie oggi stanno aprendo filiali sul territorio. Non è in discussione la potenzialità della tecnologia ma questa deve servire per rafforzare la capacità di incontro con la clientela. La fiducia di chi mette i propri risparmi nelle mani di altri non potrà mai essere sostituita dalla migliore tecnologia: vale per l'oggi, varrà per il domani». Più tecnologia, vuol dire meno spese e più profitti. «Trasferire il lavoro dai dipendenti ai clienti, farli lavorare subdolamente e far ricadere su di essi ulteriori costi, soprattutto in termini di tempo, non è progresso. Al contrario, è necessario che la banca continui a far lavorare i propri dipendenti e a incontrare anche fisicamente i propri clienti, che produca utili non attraverso la riduzione del personale, ma attraverso un'attenta gestione dei fattori e delle risorse e, soprattutto, finanziando l'economia reale». Vede un futuro fuori dalla crisi. «Le Banche popolari e del territorio sono state protagoniste in diversi e delicati frangenti storici. Oggi sono essenziali per la ripresa economica grazie al sostegno allo sviluppo del sistema produttivo e alle famiglie italiane. È questo il più valido e reale contributo per l'uscita dalla crisi».     

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