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L'Italia rivoluziona il fallimento: si va a scuola per imparare a perdere

Da Modena parte la cultura dell'errore e dell'insuccesso

Valentina Pelliccia
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di Valentina Pelliccia

Nei Paesi anglosassoni e nordamericani il concetto di fallimento è considerato come elemento insito e naturale nel loro tipo di cultura, necessario nell'imprenditoria e nel mercato: infatti, non si può immaginare di creare un'azienda di successo senza sbagliare. In Europa ed in Italia soprattutto, competitività e successo sono elementi connaturati invece nella società e il fallimento viene considerato in modo totalmente negativo. Ma da qualche tempo anche in Italia si sta iniziando a interpretare e concepire il fallimento come fase possibile e importante per la formazione e l'accrescimento della persona. È nata infatti a Modena la prima "Scuola di Fallimento" italiana, ideata da Francesca Corrado e organizzata dall'associazione Play Res in partneship con Stars & Cows. Il primo corso è stato finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena e dalla Fondazione San Filippo Neri. Nel 2014 Francesca Corrado, economista ricercatrice, ex presidente dei giovani di Confcooperative ed ex docente dell'Università di Modena e Reggio Emilia, dopo aver fallito con il primo spin off universitario in un dipartimento di Economia di Modena, ha deciso di rimettersi in gioco e fondare l'Associazione Play Res, società nata con lo scopo di diffondere il gioco serio come tecnica di sviluppo cognitivo, motorio, relazionale intellettivo e di apprendimento. E la "Scuola di Fallimento" ha la finalità di insegnare a perdere per vincere mediante l'uso di metodologie ludiche e prove empiriche come il teatro, gioco, mentoring e coaching e attraverso un percorso didattico realizzato da dodici docenti (esperti di giochi di ruolo, psicologi, attori di improvvisazione, game design). La mission è quella di offrire a ragazzi\e, studenti universitari, adolescenti a rischio dispersione scolastica,  insegnanti, manager, genitori, disoccupati e inoccupati strumenti che consentano di imparare ad accettare l'errore e il fallimento, sviluppare competenze trasversali, rafforzare la consapevolezza interiore e la fiducia, favorire il trasferimento del sapere e vincere la paura. Ma soprattutto, conoscere i diversi tipi di errore guardando però l'errore e il fallimento da una prospettiva diversa e attivare meccanismi di correzione trasformando un sapere in un'azione. "Nel gioco si vince o si impara. Non si perde mai", spiega Francesca Corrado. Nella nostra società invece, il fallimento viene ancora concepito come una sconfitta, un insuccesso non tollerato, una caduta a terra. Ma  tentativi di cambiare nella nostra cultura il concetto  di fallimento da negativo in positivo (la "resilienza" è un termine ormai entrato nel nostro linguaggio quotidiano), ne troviamo  in intellettuali, psicanalisti, psicologi e maestri di coaching, Uno per tutti, lo scrittore, filosofo e psicoterapeuta Massimo Recalcati, che  proprio nel suo "Elogio del fallimento" afferma  come sia importante  valorizzare l'esperienza del fallimento, l'incontro con il limite. Solamente il vuoto rende possibile il gesto creativo, lo slancio vitale. "Ci vuole tempo per darsi una forma, ci vuole il tempo del fallimento, del disorientamento, del perdersi per ritrovarsi".  Il fallimento è la vita che si smarrisce in una nuova possibilità". È noto a tutti  quanto Moustapha Safouan, psicanalista egiziano allievo di Jacques Lacan racconti a dimostrazione della necessità  anche dei piccoli fallimenti. Dice infatti che un bravo maestro si distingue da come reagisce quando entrando in aula, prima di salire in cattedra, inciampa. La prima reazione è quella di ricomporsi immediatamente e far finta che non sia accaduto niente. Questo non è interessante. La seconda è ricomporsi e mentre si ricompone getta uno sguardo nella classe per vedere chi ha osato deriderlo e poi prendere provvedimenti disciplinari. Nemmeno questa è la posizione auspicabile. Il bravo maestro - dice Safouan - è quello che inciampa e fa dell’inciampo il tema della lezione. I bravi maestri sanno inciampare. Non temono il limite del sapere. La lezione è un rischio ogni volta, ma i bravi maestri non temono la caduta.      

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