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Il "made in Italy" batte la crisi

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L'export rimette in moto il Paese

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Con buona pace dei catastrofisti, che dall'inizio della recessione hanno continuato a speculare sulle cifre e dato il Paese ormai al collasso, c'è un'Italia che va e che non è fatta solo di grandi aziende. Dietro i campioni nazionali che si aggiudicano, ormai quasi ogni giorno, commesse miliardarie battendo la competizione di colossi internazionali, c'è un drappello di medie imprese che non è rimasto a guardare e ha conquistato fette importanti di mercato. Solo per dovere di citazione, dunque, il colpo grosso della Finmeccanica che ieri ha portato a casa un contratto da 1,9 miliardi di dollari per forniture all'esercito statunitense. Una notizia che ben si sposa con l'annuncio dell'Eni che, sempre ieri, con il partner spagnolo Repsol, ha individuato un maxi giacimento di gas in Venezuela. A queste buone notizie si possono aggiungere l'ingresso della Impregilo alla fase finale della gara per l'allargamento del Canale di Panama per un importo di 3,2 miliardi di dollari e la recente conquista di un'opera per la metropolitana polacca da 350 milioni di euro da parte della romana Astaldi. Niente male per un paese in crisi. Ma, come detto, si muovono anche i più piccoli. E per citare le aziende laziali si possono prendere ad esempio la Mbm di Colleferro specializzata in arredi e biliardi che continua a crescere in Russia e in Cina. E ancora la Cosmos attiva nel settore dell'informatica negli Usa e la Argo che vende sistemi di controllo per gli aeroporti. A non restare al palo la Ceccato di Vicenza che, dopo aver avviato un processo di ristrutturazione e puntato su una nuova tecnologia studiata per garantire maggiore semplicità nel lavaggio, si è aggiudicata una commessa per la fornitura in Libia di 70 impianti. Nell'agroalimentare, poi, brilla il salumificio Franchi di Borgosesia che, con il suo prosciutto di Parma dolce sta trovando un eccezionale mercato di sbocco in Giappone. In pista anche la Riello specializzata in climatizzazione che ha aperto siti produttivi a Toronto, Torun in Polonia e Shangai in Cina. Prodotti di nicchia come le guarnizioni dei falconi medicinali della Mgm di Varese sono richiesti in quantità industriali in Germania e negli Usa. Mentre la varesina Mpg, che produce imballaggi per alimenti e fattura 14 milioni, continua i suoi propositi di espansione dopo aver acquisito la Jolly plastic di Settala. Sempre a Varese la Lmp specializzata in tubazioni plastiche per impianti chimici ha incrementato il fatturato di oltre il 30% rispetto allo scorso anno grazie alle esportazioni verso Svizzera, Danimarca e Spagna. Modelli di business vincente anche per la Jessa di Pordenone, azienda veneta di arredamento di design specializzata in mobili per gli ambienti delle zone giorno e notte, che sta investendo sullo sviluppo retail d'Oltreoceano con l'apertura di due nuovi showroom a Chicago e Washington. Aprirà, invece, entro il 2009 punti vendita a San Francisco, Los Angeles e San Diego. Per lei una cliente d'eccezione, Michelle Obama, che ha comprato una serie di divani per la Casa Bianca. Eccellenze da export non solo al Nord. La Todini di Terni si è appena giudicata la commessa per costruire le infrastrutture più importanti in Georgia, a partire dalla capitale Tiblisi. La Crai per la prima volta ha aperto un grande canale di distribuzione in Cina per la vendita diretta dei prodotti del made in Italy e il gruppo Moncada di Agrigento si occuperà dell'energia solare ed eolica per l'intero Mozambico. Solo pochi nomi. Poche storie che danno l'idea però di come il manifatturiero italiano sia ancora vitale. E che la crisi, almeno per alcuni, sia già alle spalle. Lo ha detto anche il viceministro dell'export, Adolfo Urso: «Finalmente sono ritornati positivi i consumi, la produzione industriale, l'export. Luglio può essere considerato il mese della svolta, con il made in Italy che ha riacceso i motori. Il peggio è passato». Lo si dica anche ai catastrofisti.

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