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La prima bufala certificata da Facebook è più vecchia che falsa

Davide Di Santo
Davide Di Santo

Professionista dal 2010, bassista dal 1993, padre di gemelli dal 2017. Su Tecnocrazia scrivo di digitale e tecnologia

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Su Facebook spuntano le prime etichette per le bufale online. E' ironico che a beneficiarne sia proprio l'immagine di Donald Trump, che contro le fake news si scaglia quotidianamente e che ha vinto le prime elezioni delle storia americana in cui le bufale online hanno giocato un ruolo importante. Dal 3 marzo, infatti, il social network ha messo in pratica la nuova politica in materia annunciata da Mark Zuckerberg e la prima scritta "Disputed (contestata) by Snopes.com and PolitiFact"  è comparsa venerdì in calce a un post. Si tratta di un articolo diffuso il 26 febbraio da The Seattle Tribune, un sito satirico mascherato da giornale tradizionale, dal titolo "Il dispositivo Android non protetto di Trump è la causa delle fughe di notizie dalla Casa Bianca".

Strano ma vero, anzi no. Come è noto non è Facebook a stabilire ciò che è falso ma il compito è affidato a siti di informazione specializzati nel cosiddetto fact checking. I punti critici nel sistema, però, sono molti. Innanzitutto l'articolo "contestato" è stato pubblicato da un sito dichiaratamente inaffidabile che nel proprio disclaimer afferma che "tutte le notizie contenute in The Seattle Tribune sono di finzione e comunque satiriche". Non ci vuole un gruppo di esperti, insomma, per verificare la veridicità degli articoli di quel magazine online. Ancora più rilevante il problema dei tempi: il post è circolato ed è stato condiviso dagli utenti per più di una settimana prima di essere etichettato come bufala. Quando questo è avvenuto la notizia, più che falsa, è sembrata soltanto vecchia.

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