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L'inquietudine di Moro "Voglio cantare la pace che non ho nell'anima"

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L'intervista al cantautore che domani sarà in concerto con un brano a sorpresa

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«Ci sono momenti in cui vado da mia moglie e dico: "Basta, mi sono rotto, partiamo per il Brasile, andiamo a vivere su una palafitta". Perché il fegato mi si spappola, a fare il cantante. Un secondo dopo mi placo e penso: nella vita non posso fare altro se non cantare».     E lo farà domani, caro Fabrizio Moro, alla Cavea dell'Auditorium. Con una sorpresa per i fans, anticipata sui social. «Un brano inedito che si intitola "Pace". Ho condiviso dei video per far partecipare tutti, in tempo reale, della sua composizione».     Al primo ascolto, sembra un brano che fa la differenza. Vi canta: "cerco solo di trovare la pace che non ho...". «Ho tanta pressione addosso, il terzo concerto romano in tre mesi dopo due sold-out. Ci metterò tutta l'energia che mi resta dopo un anno che mi ha prosciugato emotivamente. La mia ambizione mi spinge ad andare avanti, a portare ovunque la mia fiammella».     La si è vista in tv al Coca-Cola Summer Festival, nei mesi scorsi era comparso ad Amici. «Io ero nato con il mainstream, a Sanremo, e se ci ripenso mi chiedo: sarei ancora capace di esibirmi con incoscienza davanti a 12 milioni di spettatori? Ho scelto un percorso indipendente, ma a un certo punto mi sono reso conto che ero io il primo razzista musicale: scansavo il mondo, facendo lo snob, scegliendo solo gli eventi che reputavo giusti. Oggi la musica è un circo impazzito, ma se mi proponessero di fare il giudice in un talent ci andrei, a patto di poter dare un reale contributo agli esordienti, per incoraggiarli, senza scendere a compromessi con me stesso. Del resto, da giovane sognavo di diventare professore...Non farei il pupazzo del video. Ora ho 40 anni, vedo il mio percorso a ritroso con la saggezza di oggi. Difendo la mia dignità, ma so che senza rischiare non si cresce mai».     La maturità non può arrivare a vent'anni. «E io credo di aver raccolto meno di quanto ho seminato, ma se penso che sono partito come lavapiatti mi sento un privilegiato. La scena musicale non è quella di trent'anni fa, quando con un po' di fortuna dalle schitarrate nei campeggi potevi arrivare a cantare negli stadi. Ora nasce un artista ogni trenta secondi».     Ma in tanti sono precari, rischiano di durare sei mesi. «Sì, i social sono fondamentali per diffondere quel che fai, però sono sovraffollati. E spaventosi per la carica d'odio che manifestano tanti frustrati che vi scrivono porcherie restando nell'ombra. Dopo la mia apparizione per i Cinquestelle a S.Giovanni mi hanno massacrato in Rete, e ho smesso di guardare i commenti per non starci male. Non voglio più questa negatività attorno a me, sarò il primo a non spargerne. A volte leggo cose che mi fanno inorridire: bisogna essere forti, altrimenti ti mangiano vivo. Quando accadde quella disgrazia del crollo del palco di Jovanotti, i dispensatori d'odio sui social trattarono Lorenzo come un assassino. Io ne stimai la solidità d'animo: al suo posto, avrei smesso di cantare. E la storia di Massimo Di Cataldo? O, per cambiare versante, che dire di quanti commentano velenosamente l'arresto del sindaco di Guidonia senza neppure sapere di cosa parlano?».     Ha letto del caso Crocetta-Lucia Borsellino? «Non ci ho capito molto. Dovrei parlare con Crocetta per capire cosa è successo, non mi fido del filtro mediatico. Quanto alla politica, non riesco più a schierarmi. Hanno tolto la passione civile alla mia generazione e a quella successiva, non c'è un leader che puoi guardare negli occhi e farne una leggenda. Come Berlinguer, per dirne uno, non importa se di destra o sinistra. Anzi, mi è venuta un'idea...».     Quale? «Ho immaginato una canzone che potrei intitolare "Mi dimetto", oppure "Smetto". Il protagonista è un uomo di ottant'anni che ha trascorso tutta la vita nel cuore del potere, e che ha attraversato le stagioni del terrorismo, della corruzione, dei magheggi nei Palazzi. Lui è un figlio di puttana che al tramonto della sua esistenza si pente e dice alla moglie: "forse ho sbagliato, non posso lasciare questo ricordo di me ai miei figli e ai nipoti". Un personaggio simbolo di tutti i politici-fantoccio di questo Paese, di ogni colore...».     Ottimo. Potrebbe pensare anche a ricavarne un duetto. «Se riesco a scriverlo sì. Magari potrei cantarlo con una mia amica e collega».     E che colore di capelli ha, questa collega? «Ci siamo capiti, ahahah».

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