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Eleonora Sannibale Allegro e folkloristico, il Carnevale è una festa che si fa amare anche per i suoi dolci, veri e propri capolavori di arte pasticcera.

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Iveri padroni della tavola sono i fritti. A cominciare dalle fritole, o frittelle, tipico dessert veneziano a base di lievito di birra, farina, zucchero, pinoli e uvetta. Direttamente dall'Emilia Romagna ecco le sfrappole, piccoli nastri annodati su cui viene spruzzato, dopo la cottura, liquore d'anice, per essere poi ricoperti di zucchero a velo. Anche qui uova, farina, burro e scorza di limone sono gli ingredienti necessari alla buona riuscita della ricetta. Le stesse, nel Lazio, si chiamano anche frappe. Si, perché, questi simpatici «biscotti» cambiano nome a seconda del luogo in cui vengono preparati, diventando grostoli in Friuli, galani in Veneto, cenci in Toscana, chiacchiere o pampuglie in Campania. E ancora bugie, intrigoni, stracci, fiocchetti, lattughe e chi più ne ha più ne metta. La variante tra le ricette regionali consiste sostanzialmente nell'aggiunta di liquore all'anice, acquavite, marsala o vino bianco all'impasto. È poi la volta dei bocconotti pugliesi, così piccoli da poter essere mangiati in un sol boccone (da qui il nome), ripieni alle mele, alla crema o alla ricotta; le castagnole, anch'esse semplici o ripiene (alla crema pasticcera, alla nutella, alla ricotta e al limoncello), famose nel Lazio ma anche in Romagna; e i rufioi, piccoli ravioli dolci conosciuti in Friuli e in Veneto. Che dire poi delle scorpelle del Molise, dolce paragonabile nella forma alle più famose zeppole di San Giuseppe o degli scroccafusi, chiamati così nelle Marche forse per via di quel rumore che si fa quando li si addenta. La lunga lista di dolci carnevaleschi prosegue poi con le cattas, (frittelle sarde di Carnevale), i friciò piemontesi, le tagliatelle fritte dell'Emilia Romagna e le sciumette della Liguria, simili a meringhe ma fatte con un impasto diverso. Nulla togliendo alla cicerchiata, diffusa in molte regioni soprattutto del Centro-Italia (Abruzzo, Umbria, Marche, Lazio), che consiste nel friggere e poi caramellare piccoli «ceci» (da qui il nome del dolce) di farina, burro, zucchero, uova e vino, deponendoli, infine, in una pirofila a forma di ciambella. E ancora il sanguinaccio di cioccolato, dolce tipico napoletano e le Krapfen (frittelle dolci dell'Alto Adige), deliziose mezzelune ripiene di marmellata di prugne, castagne o albicocche. Chiudono in bellezza i panzerotti alla marmellata della Val D'Aosta, la pignolata glassata della Calabria, la farrata della Puglia, i tortelli di carnevale alla milanese della Lombardia, la «'mpagnuccata» o «scorrezione di pinocchiata» della Sicilia (non solo a Carnevale), gli amaretti dell'Abruzzo e i taralli al naspro della Basilicata, che sulla tavola non sfigurano anche in altre stagioni. Ma i dolci, sono dolci, vanno bene sempre. Carnevale, in fondo, è tutto l'anno.

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