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La sogliola vale il cotechino?

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Però non possiamo tutta la vita, diceva Apollinaire, portarci appresso il cadavere di nostro padre. E allora si tolleri la scelta della Rai di trasmettere in diretta, ieri, non piú il Concerto internazionale di Capodanno diretto da Riccardo Muti a Vienna (trasmesso in differita qualche ora appresso), a base di valzer di Strauss, ma il concerto patriottico, diretto da Lorin Maazel alla Fenice di Venezia, a base di Rossini, Verdi e Ponchielli. La tradizione è stata elusa ed infranta. Anzi, il direttore di Raiuno, Fabrizio Del Noce, non ha esitato ad affermare, con rimarcato orgoglio, ch'è segno di vitalità «produrre un concerto in proprio anziché andare a rimorchio dei concerti degli altri»; e non senza una venatura polemica ha rivendicato per sé un giudizio di gusto universalmente condiviso: «La musica italiana non ha nulla da invidiare a nessuno!». Del resto nel coro dei peana anche il sindaco di Venezia, Paolo Costa, è sceso in campo per tutelare il concerto italo-lagunare, neppur lui astenendosi da un giudizio sul quale nessun cervello in azione oserebbe obiettare alcunché: «Con tutto il rispetto per Strauss, credo che anche Verdi possa essere considerato un autore universale». Gli è che il problema di cui si tratta non è se Verdi sia inferiore a Strauss; o Maazel a Muti; o l'Orchestra della Fenice ai Wiener Philharmoniker (anche se magari è vero nei tre casi). I due concerti sono stati belli ed emozionanti, ambidue. L'uno, il veneziano, con mostra di melodie nostrane tra le piú popolari e zufolate diuturnamente dalle genti di qua dalla regale corona alpina: fin dalle prime ore del mattino: ad allietare, metti, l'opera di rasatura dell'ispida barba virile. L'altro, il viennese (dedicato da Muti alla causa della Pace), con ritmi valzeristici e di marcia che da un secolo e mezzo sono guide sonore alle nostre incantagioni piú vaghe, piú favolistiche. Degni, entrambi i concerti, d'essere ripresi dalla televisione... Ma la tradizione è la tradizione. E la tradizione detta che il concerto di Capodanno sia, per antonomasia, quello di Vienna, ed il luogo quello della Musikverein, e l'Orchestra dei Wiener e le musiche di Strauss (anche se Rossini è genio piú profondo: ma non Verdi, a tacere di Ponchielli). Eppoi nella musica non ha stanza il nazionalismo; e peraltro abitiamo un'Europa che bramiamo vieppiú unita, ove Strauss sia «nostro» quanto Verdi, e Ponchielli magari sia «loro»: tutto «loro». È sciocco, è troppo tradizionalista prediligere il Concerto di Vienna a Capodanno? Forse sí.... Ma andate un po' voi a proporre per il cenone di Capodanno sogliola e patate allessate invece di cotechino e lenticchie: magari battendovi per dimostrare che quel pregiandissimo vertebrato acquatico è sotto il profilo culinario piú delicato e aristocratico del mollaccione cilindrotto suino di cotenne pestate. Avrete pur ogni ragione del mondo, ma, andàtene sicuri, i popoli dello Stivale giammai vi seguiranno - manco se fosse balia-tv a propinarglielo, il perlaceo pinnuto.

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