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Migranti, Cassazione: si conformino ai nostri valori

Confermata la condanna di un indiano sikh che portava con sé un coltello di 18 centimetri "per rispetto ai precetti della propria religione"

Silvia Sfregola
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L'immigrato deve "conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale, in cui ha liberamente scelto di inserirsi, e di verificare preventivamente la compatibilità dei propri comportamenti con i principi che la regolano". È dirompente la sentenza della prima sezione penale della Corte di Cassazione. Il caso in sé è banale: la suprema corte ha confermato la condanna di un indiano sikh che portava con sé un coltello lungo 18 centimetri. Lui si giustificava dicendo che lo portava per rispetto ai precetti della propria religione. Trattandosi di un atto illegale, la decisione era piuttosto scontata. A fare scalpore però sono state le motivazioni della sentenza, che non si concentrano tanto sul rispetto delle leggi italiane quanto sui "valori". Secondo i giudici, "la decisione di stabilirsi in una società in cui è noto, e si ha consapevolezza, che i valori di riferimento sono diversi da quella di provenienza, ne impone il rispetto e non è tollerabile che l'attaccamento ai propri valori, seppure leciti secondo le leggi vigenti nel Paese di provenienza, porti alla violazione cosciente di quelli della società ospitante". Inoltre, secondo gli ermellini, "la convivenza tra soggetti di etnia diversa richiede necessariamente l'identificazione di un nucleo comune in cui immigrati e società di accoglienza si debbono riconoscere. Se l'integrazione non impone l'abbandono della cultura d'origine, in consonanza con la previsione dell'articolo 2 della Costituzione che valorizza il pluralismo sociale, il limite invalicabile è costituito dal rispetto dei diritti umani e della civiltà giuridica della società ospitante". Immediato il rilancio della Lega, col senatore Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato, che definisce la sentenza "un precedente che, da adesso, deve riportare al rispetto totale delle nostre leggi, a cominciare da quella che vieta di girare in luoghi pubblici con un copricapo o un velo che travisano o nascondono il volto, per cui basta burqa o niqab in luoghi pubblici". Di sentenza "storica" parla l'ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, del Movimento Nazionale, che definisce questa sentenza "la Bibbia": "Questa sentenza - scrive in una nota - non può essere limitata solo al caso specifico del coltello portato dall'indiano Sikh in luogo pubblico, ma deve essere la Bibbia per ogni altra controversia sui comportamenti degli immigrati in Italia". Sempre al lessico religioso attinge Daniela Santanché, di Forza Italia, che parla di sentenza "sacrosanta". "Oggi era un indiano che voleva girare libero con un coltello sacro per le vie della città e magari domani potevamo imbatterci in una bella carovana di elefanti che trasportavano merci di ogni genere", scrive. "Speriamo che ora non sia usata come una clava dai vari Salvini", auspica Emanuele Fiano, responsabile Sicurezza del Partito democratico, parlando di "un principio semplice e giusto" sancito dalla Cassazione che "si riferisce ad un caso singolo. A noi preoccupa la fanfara della xenofobia che userà una sentenza che difende un corretto uso del diritto di tutti come un'arma nei confronti di qualcuno".

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