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«L'ho dato vivo in pasto ai maiali, scricchiolava»

Il giovane arrestato dai carabinieri: «Io non mi nascondo, adesso sono il padreterno»

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«Avevamo i maiali Mattè. Lo prendiamo Mattè te lo giuro, l'ho attaccato come i prosciutti. Lo sai come si attaccano i salami? Con i piedi l'ho attaccato, dai piedi Mattè, l'ho attaccato dai piedi e ho incominciato a prenderlo a botte di pala, dappertutto, lui era già mezzo morto, perché io lo vedo, calcola che era diventato nero in faccia.. era tutto legato». Si sente in una botte di ferro Simone Pepe, arrestato due giorni fa dalla Distrettuale di Reggio: il boss di Oppido è tornato a Roma, nel quartiere di Spinaceto dove è nato e cresciuto, e in città si sente sicuro. Ignora che le microspie piazzate dalla distrettuale antimafia di Reggio Calabria lo stiano registrando e il giovane criminale, durante una serata fatta di scorribande in auto e cocaina a fiumi, racconta tutto all'amico d'infanzia che ascolta affascinato la storia di come lo stesso Simone Pepe, divenuto boss di primo livello dopo l'omicidio del patrigno, si vendichi degli uomini che lo avevano privato della figura paterna. «Abbiamo aperto la cosa dei maiali ..no a pezzetti sano, era mezzo morto si può dire ma dalle botte, appena lo abbiamo buttato dentro che era pieno di sangue, pensavamo che il maiale se lo mangiava, il maiale non se lo mangiava. Che rosicata! Prendo e che faccio Mattè, apro l'altra gabbia ho preso una femmina, ti giuro Mattè quella femmina avrà avuto due quintali e mezzo…Mattè come l'ho messo dentro la mangiatura…aaaa è stata una soddisfazione sentirlo strillare, mamma mia come strillava, per me non è rimasto niente..gli ho visto scricchiolare la tibia, questa qua, lo sai come l'ha scricchiolata il maiale….». Sembra una scena tratta da un film di Tarantino, invece è successo in un porcile sperduto tra le campagne di un paesino d'Aspromonte. La carneficina di Francesco Raccosta e Carmine Putrino i due esecutori materiali dell'omicidio di Bonarrigo - patrigno di Pepe - dati i pasto ai maiali mentre sono ancora in vita rappresenta fino in fondo la violenza e la sete di vendetta maturata dentro un giovane boss che, pur operando generalmente lontano dai luoghi «canonici» della 'ndrangheta, rispetta tutte quelle che sono le regole di ferro delle cosche. Anche quelle più feroci, che spingono il presunto capobastone di Spinaceto, a tornare in Calabria per lavare col sangue l'omicidio del patrigno. Il racconto di Pepe è un salto nel buio negli assetti della 'ndrangheta calabrese «2.0» (quella cioè nata lontana dalla Calabria ma che riproduce nei territori conquistati, come in una forma di nuovo colonialismo, le dinamiche di potere e di affari nate a sud dello stivale). Un salto tra nuovi boss che si esprimono in romanesco e che si muovono meglio lungo le strade della movida capitolina che in quelle accidentate del versante tirrenico dell'Aspromonte. Una discesa impazzita in un mondo terribilmente reale e popolato da protagonisti disposti a tutto pur di mantenere il potere ricevuto, secondo un copione di assurda violenza raccontato come se si trattasse di una scena di un comune videogame di guerra: «Si sono trovati tre persone di cui uno ero io col passamontagna – racconta Pepe a un amico mentre le cimici della procura lo registrano – calcola appena apro…come si apre quello sportello Mattè tutti con i passamontagna ti dico fermati, li ho visti proprio in faccia che gli ho visto la paura Mattè te lo giuro, gli ho visto la paura ..Mattè sono montati sul furgone eh? Dopo che sono montati sul furgone che si sono resi conto che stavano per morire. Vabbè arriviamo dentro la campagna Mattè, gli mettiamo il cappuccio a loro, quando stavano scendendo, prendo e gli faccio io, "mentre lo ammazzo lo devo guardare, lo devo guardare dentro gli occhi". La pressione, c'avevo una violenza, lo volevo ammazzà, lo volevo ammazzare con le mani, però te lo giuro, stavo schiattando, non lo volevo sparare, lo volevo scannare come un porco.. .io faccio così Matteo, mi alzo il passamontagna, calcola..tutti, tutti hanno fatto così “Simone è matto” perché mi sono alzato pure il passamontagna, gli ho detto “io mi nascondo, ma chi si è mai nascosto pezzo di merda”. Mattè lo sai come l'ho preso...proprio come sono partito per ammazzarlo, con la pala, ho preso la pala che caricavo la merda dei maiali». È giovane Simone Pepe, ma è già un uomo potente. Dopo la morte violenta del suo patrigno è a lui che è toccato lo scettro del comando. Anche se si atteggia come un personaggio da Romanzo Criminale: «Io mò non sò un cazzo? Io adesso sono il padreterno!».

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