8 Aprile 2013
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Una lite per soldi. Una discussione degenerata nell’assassinio della donna che aveva sposato cinque anni fa. Poi, quando lei era a terra in una pozza di sangue, l’omicidio della figlia, diventata una scomoda testimone da mettere a tacere. È la dinamica del duplice delitto avvenuto a Borgo Flora, che si trova fra Cisterna di Latina e il capoluogo, dove sabato sera sono stati scoperti i cadaveri di madre e figlia. Alle quattro di ieri mattina i carabinieri hanno bloccato un cittadino indiano di 35 anni, che ha confessato di essere il killer.
Gli uomini del comando provinciale coordinati da colonnello Giovanni Di Chiara sono arrivati a lui grazie all’esame dei tabulati telefonici. Dopo il fatto lo straniero, che è residente a Nettuno e ha un regolare permesso di soggiorno, si è dato alla fuga. Ha raccontato di essersi recato alle 6,40 in piazza dei Bonificatori, dove abitavano Francesca Di Grazia, di 56 anni, e la figlia Martina Incocciati, di diciannove, in seguito all’ennesima richiesta di denaro da parte della donna, che lo aveva aiutato ad ottenere i permessi di soggiorno per alcuni suoi parenti attraverso lavori fittizi. E gli aveva chiesto 8000 euro per non vuotare il sacco. Tra i due è scoppiato un diverbio molto acceso, all’origine del raptus che ha portato l’indiano ad accoltellare a morte la cinquantaseienne e poi a sgozzare la ragazza che aveva assistito al primo delitto. La prima è stata ammazzata in cucina, mentre faceva il caffè. La figlia, che stava dormendo e si è svegliata per il trambusto e le urla, è stata inseguita, presa per i capelli e sgozzata, malgrado abbia cercato di difendersi ferendo anche il suo assassino al volto. L’uomo è fuggito, gettando il coltello che aveva usato in un canale nei pressi del luogo del delitto. I militari hanno raggiunto il presunto omicida a Nettuno, dove viveva con alcuni connazionali, incrociando i tabulati telefonici e ripercorrendo gli ultimi «movimenti» del suo cellulare e di quello della moglie. «Il duplice omicidio é avvenuto tra le 6 e le 10 di sabato - ha detto il colonnello De Chiara - abbiamo ritrovato anche l’arma del delitto».
Francesca Di Grazia aveva sposato il suo carnefice in India nel 2008 dopo la fine del rapporto con un italiano, padre di Martina, che ora vive all’estero. Anche il matrimonio con lo straniero, però, era naufragato e la donna, che viveva grazie a lavori saltuari e a prestazioni di chiromanzia, recentemente sembra si fosse legata sentimentalmente a un nordafricano.
Le due vittime sono state trovate sabato sera da un parente che era passato a salutarle. Aveva visto che sotto casa c’era la «Yaris» di Francesca e aveva suonato al citofono. Ma non c’era stata risposta. Così è scattato l’allarme al 112. La porta dell’abitazione al primo piano dello stabile era chiusa dall’interno e non c’erano segni di effrazione, come non ce n’erano sulle finestre. E dentro casa niente disordine. Per questo le prime ipotesi investigative puntavano sull’omicidio-suicidio. Sembra che madre e figlia litigassero spesso. E gli investigatori avevano indirizzato le indagini in questo senso. Poi l’inchiesta, diretta dal pm di Latina Giuseppe Miliano, ha imboccato un’altra strada. I tabulati telefonici sono stati essenziali per verificare i movimenti della donna e dell’indiano. I militari hanno raggiunto e bloccato l’uomo, che nel frattempo si era dato alla fuga, e lo hanno fermato. Infine, in caserma, la confessione: «Sì sono stato io».
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