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I nuovi Depeche Mode scelgono l'impegno politico

Carlo Antini
Carlo Antini

Parole e musica come ascisse e ordinate

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Da sinistra Andrew Fletcher, Dave Gahan e Martin Gore Foto: Da sinistra Andrew Fletcher, Dave Gahan e Martin Gore
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Sono tornati. Dopo quattro anni di silenzio. Come un orologio svizzero. Chiusa la trilogia con Ben Hiller che ha firmato “Playing the Angel”, “Sounds of the universe” e “Delta Machine”, questa volta i Depeche Mode hanno scelto la produzione di James Ford già attivo al fianco di Florence & The Machine e Arctic Monkeys. “Spirit” è un lavoro politico, più di quello che può sembrare al primo ascolto. Parla di impegno privato e personale come specchio del contributo pubblico alla vita sociale. “Where's the revolution” è solo il primo assaggio. Una sorta di antipasto nei confronti di un manifesto maturo, completo. Ford dà all'impasto sonoro una compattezza invidiabile, in cui i suoni di sintesi si intrecciano con gli innesti acustici ed elettrici. Così come i talenti di Dave Gahan e Martin Gore, uniti in melodie che non lasciano nulla al caso. Nonostante i tempi serrati in sala di registrazione. Oltre a “Where's the Revolution”, spiccano l'eterea “The Worst Crime”, “Scum”, “So much love” e “No more (This is the last time)”. Lasciano il segno anche i brani cantati dalla flebile ma intensa voce di Gore: “Eternal” e la meravigliosa “Fail” che chiude l'album in modo impeccabile. Dave Gahan ha dichiarato: “Siamo estremamente orgogliosi di Spirit e non vediamo l'ora di farlo sentire a tutti. Con James Ford e il resto del team di produzione abbiamo realizzato un album che trovo davvero potente, tanto a livello di sound quanto a livello di messaggio”. Un altro capitolo mirabile nella lunga carriera della band inglese che da anni vive e lavora negli States. La firma più nobile del pop mondiale. Da 40 anni. VOTO 4/5

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