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Luigi Ferraris, parla l'ad di Ferrovie: così le stazioni saranno più sicure

Davide Vecchi
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Stazioni più vive con servizi commerciali grazie ad accordi ad hoc con gli enti locali. E un piano per assicurare maggiore presidio degli scali ferroviari attraverso una nuova società, la FS Security che, oltre a unire le attuali aree dedicate alla sicurezza delle Ferrovie dello Stato, potrà contare su mille addetti alla vigilanza in più. «Così aumentiamo la sicurezza delle stazioni italiane, soprattutto quelle minori, e riduciamo la percezione di timore che ancora è sentita da molti passeggeri» spiega a Il Tempo, l’ad del Gruppo Ferrovie dello Stato, Luigi Ferraris.
In alcune stazioni italiane si ha la percezione di pericolo. 
«Ferrovie dello Stato ha recentemente fatto una survey per capire come si sentono i passeggeri riguardo al tema sicurezza. Sono emerse indicazioni importanti: un passeggero su due si sente sostanzialmente al sicuro. Ma una maggiore percezione di sicurezza si ha nelle stazioni più grandi e sull’Alta velocità mentre scende, man mano, che si va in stazioni più piccole e tratte locali». 
Cosa fare, allora?
«Nelle stazioni meno frequentate abbiamo meno presidi e poche attività commerciali, questo favorisce l’ingresso di malintenzionati e persone che cercano rifugio. Occorre in primo luogo riqualificare e rendere sempre più vive queste aree. Le stazioni ferroviarie sono tutte in aree urbane centrali, vanno valorizzate in accordo con le amministrazioni locali e sottratte a forme di degrado. Ma questo a volte non basta. Così abbiamo pensato a una serie di interventi partendo da alcune analisi oggettive. All’interno di Ferrovie esistevano già strutture di Protezione aziendale, abbiamo persone non armate a difesa dei nostri asset e a servizio dei passeggeri, a terra o a bordo treno. Ma sono poche. In Olanda ci sono 28 addetti alla security ogni 100 chilometri di linea ferroviaria, in Belgio 19 e in Italia solo otto. C’è quindi senz’altro bisogno di aumentare l’organico, come ha già detto il Ministro Salvini, insieme al quale abbiamo lavorato per aumentare la presenza di personale di controllo». 
Vale per tutti gli scali?
«Abbiamo 17 mila chilometri di linee ferroviarie e 2.200 stazioni. Quelle grandi sono più controllate, anche grazie a gate presidiati e tornelli. Questo accade a Roma, Firenze e Milano e bisognerebbe estenderlo ad altre grandi città. Il tema critico sono le linee cosiddette secondarie, certe fasce orarie e alcune zone. Da questo è nata l’idea, insieme al Ministro, di iniziare facendo una sinergia in casa».
Come?
La Protezione aziendale di Rete Ferroviaria Italiana presidiava le stazioni ma non poteva salire sui treni, quella di Trenitalia, al contrario, si poteva muovere sui nostri treni ma non aveva altrettante competenze a terra. Dalla loro unione è nata FS Security, insieme a un importante piano di assunzioni di circa mille persone nel prossimo triennio alle quali chiederemo una grande capacità di osservazione e dissuasione. Non saranno armate, ma rappresenteranno un presidio di deterrenza e prevenzione in grado di segnalare eventuali situazioni critiche, svolgendo un’attività integrata con quella della Polfer». 
Basterà?
«Sarà senz’altro un passo importante con valenze anche di carattere sociale e commerciale. Ripristinando una maggiore percezione di sicurezza potremo allungare le fasce orarie di utilizzo del treno, soprattutto nelle ore serali. Servirà ad allentare il carico nelle attuali ore di punta, a decongestionare il traffico stradale, a trattenersi fino a tardi in una città o, per una famiglia, recarsi in un’altra città per trascorrere una serata diversa».
FS Security si occuperà di sicurezza su treni e stazioni?
«A regime estenderà il suo raggio d’azione non solo a stazioni e treni passeggeri ma anche al settore della logistica. Nel giro di dieci anni avremo un aumento della capacità di trasporto del 20%, un aumento del 30% dei passeggeri e raddoppieremo le merci trasportate su rotaia. Avremo bisogno di piattaforme di logistica multimodale con aree di stoccaggio che dovranno essere presidiate. È chiaro che ci dobbiamo attrezzare per avere una rete di controllo dei nostri asset basata su uomini, ma soprattutto su tecnologie e attraverso una stretta collaborazione con le forze dell’ordine e con le aziende di vigilanza privata che già oggi ci seguono. Più in generale sistematizzando le informazioni e i presidi che abbiamo». 
Come funzionerà FS Security?
«La nuova società diventa fornitrice di servizi a favore di tutte le nostre società, da Trenitalia a Rfi a Grandi Stazioni. Non va in concorrenza con gli istituti di vigilanza ma saprà e dovrà fortemente interagire con quel mondo». 
C’è già un piano di distribuzione di questa nuova forza, una sorta di cronoprogramma?
«I primi passaggi vanno fatti con il sindacato perché parliamo del trasferimento di rami di azienda, parliamo di persone, carichi di lavoro, competenze. Detto questo, si tratta di utilizzare da subito il personale che abbiamo in maniera più integrata ed efficace». 
A Roma Termini?
«Oggi abbiamo un presidio costante di una ventina di persone, aumenteranno. Ma non solo, a Roma Termini realizzeremo una Sala di Controllo nazionale che raccoglierà le informazioni di tutte le nostre videocamere. I dati saranno elaborati in sinergia con le forze dell’ordine. Perché tutto quello che stiamo facendo è in accordo con il Ministro dell’Interno con il quale abbiamo una continua e proficua collaborazione».
Si è parlato nei giorni scorsi anche di un’Academy. A che servirà?
«Selezionati i neo-assunti occorrerà una formazione e un aggiornamento continuo, a chi già è in organico e al personale interno che vorrà imparare questo mestiere. Sorgerà a Milano Rogoredo e sarà anche di ausilio a riqualificare quell’area».
Torniamo a Roma. C’è stata un’interlocuzione con il Comune? Un protocollo o qualcosa di simile? 
«Un protocollo no, ma abbiamo una serie di contatti legati alla rigenerazione urbana anche in vista del Giubileo. Per tornare a Termini c’è il tema della completa riqualificazione di Piazzale dei Cinquecento. E non va neanche trascurato il ruolo delle tante stazioni ferroviarie romane servite dai nostri treni che fanno della nostra rete una sorta di metropolitana a cielo aperto». 
Quali altri enti avete coinvolto sul tema sicurezza?
«Oltre al Ministero dell’Interno e a quello delle Infrastrutture e Trasporti, di cui abbiamo detto, abbiamo siglato protocolli con Guardia di Finanza e Carabinieri sul fronte, ad esempio, della legalità negli appalti e per i presidi nei cantieri». 
Parliamo della strategia di gruppo nei prossimi anni. Obiettivi da raggiungere nel breve e medio periodo? 
«Quando sono arrivato non c’era un’aggregazione delle responsabilità per mestieri e competenze omogenee. C’era una holding e una serie di società molto autonome senza integrazione tra di loro. Per mia esperienza le macchine devono marciare con ordine e con un approccio industriale e integrato. Quindi sono nate quattro aree. La prima è il Polo Infrastrutture, con Rete Ferroviaria Italiana, come capofila. Poi c’è Anas e Italferr, che fa ingegneria e progettazione. Qui si fanno due macroattività. La prima comprende progettazione, esecuzione e attivazione delle opere ferroviarie e stradali. La seconda è l’esercizio e la manutenzione degli asset di nostra proprietà e la gestione della circolazione. A seguire c’è il Polo Passeggeri».
Cosa fa?
«Se crediamo in un futuro multimodale, cioè fatto di offerta integrata di trasporto passeggeri su rotaia e su gomma, dobbiamo mettere insieme i due mondi. Dunque, spazio al digitale per realizzare un’offerta commerciale integrata e un’efficace mobilità multimodale. In questo polo la capofila è Trenitalia e dentro c’è anche Busitalia».
Il terzo polo?
«È quello della Logistica. L’Italia deve giocare il ruolo di hub logistico del Mediterraneo. Abbiamo cambiato l’approccio, rinnovato il management, perimetrato bene il business. Stiamo inoltre facendo accordi con operatori di settore quali Hupac per agevolarci nell’interazione con la Svizzera lungo tre fondamentali tunnel e con Msc. L’ultimo Polo è quello urbano». 
Quali finalità assolve?
«Siamo partiti dall’esigenza di usare i 30 milioni di metri quadri di nostre aree oggi inutilizzati. Quelli nei centri urbani sono destinati a riqualificazione, i restanti verranno trasformati in centri logistici e parcheggi».
Chi coordina tutta questa organizzazione?
«La holding FS alla quale spetta l’indirizzo, il coordinamento strategico, il controllo e occuparsi di finanza, strategia, presidio regolatorio. Tutto questo lo abbiamo fatto. Abbiamo cambiato gli statuti e riperimetrato il nostro mondo. Mancano alcuni aggiustamenti ma la macchina ora ragiona in un modo nuovo e se ne vedono i primi frutti».
Un esempio?
«Nel Polo Passeggeri siamo vicini a un’offerta integrata che avvantaggerebbe anche i flussi turistici. Presto lanceremo il biglietto integrato su alcune tratte, ad esempio in arrivo o partenza dall’Umbria, dove con Busitalia gestiamo tutto il trasporto locale. Il punto di arrivo è una piattaforma aperta ad altri soggetti: pensiamo al biglietto ferroviario per Roma o un’altra città già associato a quello della metropolitana, o a un ticket integrato per aereo e treno».
Al lancio del piano avete definito digitalizzazione e connettività come fattori abilitanti. Risultati? 
«Intanto il nostro progetto di stendere nuova fibra ottica lungo i 17mila chilometri di rete ferroviaria e ripetitori che rilancino il segnale a bordo treno ha già trovato copertura finanziaria nel contratto di programma di RFI con lo Stato». 
Quando diventerà realtà?
«Ci vorranno sette anni per completarlo. Ma i frutti si inizieranno a vedere già prima. Porterà la connessione in tutte le nostre stazioni e su tutti i treni, compresi i regionali, raggiungendo molte aree rurali, a beneficiarne saranno anche gli agricoltori che potranno programmare attività come l’irrigazione dei campi. Ma per la connettività grazie ad interventi realizzati con le compagnie di TLC abbiamo già conseguito un primo risultato, con il 4G sulla Milano-Firenze ad Alta Velocità». 
Qual è il vantaggio di tutto questo? 
«Oltre a mettere chiunque nelle condizioni di poter lavorare a bordo treno, aumenta la potenzialità di traffico perché la variabile tempo è percepita in modo diverso, sia per la durata sia per la scelta della fascia oraria in cui viaggiare fuori da quella business attuale».
Come immagina il nuovo servizio per il business? 
«L’ideale sarebbe avere treni dalle 11 alle 16, ossia in orari dove oggi si viaggia meno, con ristorante a bordo e sale attrezzate per videoconferenze con segnale stabile».
Ci sono altri grandi progetti non legati alla mobilità ha in serbo il gruppo Fs?
«L’energia rinnovabile, da produrre con impianti fotovoltaici o mini-eolici da installare in una parte di quei 30 milioni di metri quadrati ora non usati. Abbiamo lanciato una gara per i primi 20 siti, e per altri 40 sarà bandita entro il prossimo autunno, così da arrivare a installare 300 megawatt nel 2024 e 2 mila entro i prossimi 5 anni con una produzione almeno pari al 40% del nostro fabbisogno». 
Il vostro Piano Industriale ha una visione decennale. Non le sembra troppo lungimirante? 
«No, credo invece che si debba iniziare a pianificare con tempi coerenti alla realizzazione delle infrastrutture, e programmare i relativi fabbisogni, cercando di prevenire criticità e sfruttare le opportunità».
Ce ne elenca una?
«Abbiamo un problema di filiere produttive. Se non programmiamo a lungo termine non si possono formare e dobbiamo ricorrere a fornitori esteri. Mentre se tratteniamo il valore aggiunto in Italia il Paese ci guadagna. Porto l’esempio dei pannelli solari. Come Paese puntiamo a una produzione incrementale di fotovoltaico, al 2030, di oltre 60 Gigawatt che richiede, ai prezzi attuali, un investimento di 40 miliardi di euro. Occorre favorire la creazione di una filiera produttiva per trattenere questa ricchezza dando una visione agli imprenditori. Avere un piano con ampio respiro serve anche a questo».
Si parla di ritardi e lentezze delle opere. Quali cantieri sono in stato avanzato di realizzazione?
«Negli ultimi mesi abbiamo accelerato sul lancio di nuove gare, affidamento lavori e aperture cantieri».
Qualche esempio? 
«La Napoli-Bari è in linea con i tempi, il sottopasso della linea AV di Firenze, fermo da anni, sta ripartendo, nel mese di dicembre abbiamo aggiudicato i lavori. Così per la circonvallazione di Trento e da ultimo la tanto attesa Ferrandina-Matera. Nei prossimi 24 mesi ci aspettiamo di avere cantieri aperti per un controvalore complessivo di circa 30 miliardi».
Di cosa necessita il Paese per recuperare competitività?
«Abbiamo opere che hanno mediamente 60-70 anni di età, e non avendone fatte di nuove abbiamo progressivamente perso competenze tecniche. E anche sulla digitalizzazione siamo carenti. Dobbiamo recuperare su questi fronti, ma le premesse ci sono».
Dove vede questi segnali di miglioramento nel Paese?
«Rispetto a qualche anno fa la sindrome Nimby si sta affievolendo, ho la sensazione che ci sia più consapevolezza nelle popolazioni locali dell’importanza di fare le opere e di essere collegati al resto del Paese. Abbiamo un governo determinato e siamo in una fase storica che, pur con tutte le sue difficoltà, vede l’Europa tornare ad essere area di investimento. In Italia l’energia, la manifattura e l’infrastruttura stanno tornando fondamentali, per questo sarà importante fare sistema. Le grandi imprese si devono parlare». 
Ci sono già casi pratici?
«Abbiamo da poco avviato una collaborazione con Eni sul biocarburante da usare come alternativa al gasolio sui cinque mila chilometri di linee ferroviarie non elettrificate. In attesa dell’idrogeno potremo usare il biocombustibile al posto del gasolio per i treni diesel».
Volgendo lo sguardo ancora al futuro: il Ponte sullo Stretto, diventerà realtà?
«Certo che potrà diventarlo, come ha più volte ripetuto anche il Ministro Salvini. Il Ponte, la Salerno-Reggio Calabria e la Palermo – Catania – Messina sono tratte del Corridoio Scandinavo-Mediterraneo, uno degli assi prioritari del sistema Ten-T voluto dall’Unione Europea».

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